
Tornare a Milano ha un sapore speciale.
Come se le mie vene fossero le sue strade.
Cancello il colore giallognolo del cielo, scovando l'azzurro che si nasconde dietro allo smog.
La stazione è bella.
Appena scendi dal treno vieni risucchiato da persone che corrono e tu corri con loro, pensando che sia normale avere fretta a Milano.
Il sudore si insinua sotto i vestiti anche se fa freddo e i capelli si impregnano di una sostanza untuosa.
È grigia è brillante è sonora.
I pensieri si confondono, mi lascio andare alla confusione tenendo stretta la borsa.
Una felicità un po' ottusa e ogni cosa diventa il mio passato.
Cerco vecchi edifici che sicuramente esistevano allora, li guardo speranzosa.
I piedi ripercorrono sicuramente i loro passi nella metro e la gioia birichina di fregare il tempo e lo spazio mi fa volare.
Sono una bambina, sono con loro.
Sento le mani calde e asciutte che mi tengono salda. Le belle mani curate.
E mi aggiro bevendo ogni angolo, respirando l'aria sporca, sentendomi a casa tra cortei di gente, polvere, confusione.
Alla sera le luci sono veramente gialle, intorno brilla una luce dorata.
Nel taxi mi sento al sicuro e lascio correre i pensieri stanchi e leggeri.
L'ascensore in ferro battuto nero con le porte che si aprono a mano e la grata che fa lo scatto. Il sedile è di pelle marrone.
Mi tuffo nel tempo come un siluro.
Andare in metro è come esserci da sempre, forse sono salita una volta e non sono ancora scesa.
È tutto un sogno e non mi sono più svegliata.
Foto archivio GiBi