E ancora Chianti! (Contiene storie di fantasmi)


Mercoledì
Abbiamo appena varcato il confine tra Liguria e Toscana.
Compaiono alcune montagne bianche. La neve?
No, sono cave di marmo. Intorno alle carreggiate dell'autostrada quintali di blocchi bianchi, quelli famosi di Carrara.
Spieghiamo ai ragazzi l'utilizzo di questo prezioso minerale e piovono domande. Meno male che Ro sa sempre rispondere con cognizione di causa.
Superiamo un camion pieno di botti di vino, siamo diretti nella terra del Chianti!
È un buon segno.
La giornata si fa bella, esce un sole caldo, il traffico è scorrevole nonostante i continui, allucinanti, cantieri.
La sola vista delle dolci colline rilassa e rende sereni.
Il castello dove abbiamo prenotato è tutto di pietra.
La chiesetta si affaccia sull'ingresso. Il complesso risale al X secolo. Siamo a Gaiole in Chianti.
La nostra camera ha un ingresso con il caminetto, dove dorme Riccardo, poi si sale sul soppalco dove dorme Federico e, infine, si giunge nella nostra camera.
Dalla finestra si respira l'anima toscana, i passerotti si sono dati appuntamento sull'albero di fronte. Un uccellino fa il bagnetto nell'acqua della grondaia. È autunno e il sole colora d'oro le foglie degli ulivi e delle vigne. Alcuni grappoloni viola suggeriscono le delizie che assaporeremo nei prossimi giorni.
Mi sdraio e sento le voci del castello. Non colgo sensazioni negative, i suoi fantasmi sembrano sereni. Quando ero a Meleto, a poche centinaia di metri da qui, anni fa, li sentivo sfrecciare, c'erano anime in tormento che sfilavano sull'alto soffitto. Sembrava di essere in un film di Harry Potter ante litteram. Qui forse le ristrutturazioni li hanno fatti emigrare, oppure sono solo tranquilli.
Prenotiamo la cena in un posto in cui avevamo cenato anni fa, a Barbischio. Fuori sembra una vecchia stalla, ma dentro è accogliente. Ci sono ancora gli strani quadri con suggestioni tra Magritte e Dalì. Sono raffigurati gruppi di oggetti, persone o animali omogenei, tra cui spicca sempre un elemento differente. In un quadro di ciambelle dolci si trova un salvagente: stessa forma ma oggetto diverso. Mi piacciono.
Prendiamo due calici di Chianti, preoccupati per i controlli della polizia, dovendo poi guidare. Il proprietario ci assicura che in questa zona i controlli sono molto esigui… Sarebbe un suicidio pubblicizzare tanto il Chianti e poi punire i beoni come noi… Così mi permetto anche i Cantucci col Vin Santo… Vorrò mica intristirmi in terra toscana? E poi, ora che ci penso, stasera non guido!
In auto ho degli alcol test e così proviamo a vedere quanto siamo ciucchi: la situazione non è grave, meno male. Però ridiamo parecchio, bambini compresi, e loro non hanno bevuto. Scriviamo una recensione positiva sul locale su Tripadvisor, per la gioia dell'oste.
Giovedì
C'è un sole magnifico. I fantasmi si sono comportati bene stanotte. Le vecchie mura hanno protetto i nostri sogni e le nostre anime in vacanza.
La colazione si fa in terrazza, quante cose buone. Mangio pure il salame e la ricotta, poi, non abbastanza contenta, volgo verso i dolci. Ahhh le vacanze! Ne avevamo tutti bisogno. Siamo di buon umore e decidiamo di andare a rivedere il castello di Meleto. Negli anni è migliorato, ci infiliamo in una visita guidata insieme ad un gruppo di inglesi. La guida ci guarda con sufficienza e chiede agli altri di avere pazienza… siamo italiani. Scusate se in Italia c'è ancora qualche italiano! Ci facciamo piccoli e silenziosi, rinunciamo allo spiegone in italiano e ascoltiamo, noi pazienti, gentili, e in grado di capire la loro lingua, tutto in inglese. Piccola vendetta positiva.
La guida continua a ripetere che ci sarà la sorpresa finale e io, maligna, le sussurro: è il teatro! Rimane sconcertata… Ma prosegue con le spiegazioni nel suo anglo-toscano. Giunti alla cantina ci rifilano due calici di vino, Chianti ovviamente, e noi, nonostante i buoni propositi, tracanniamo, pensando alle parole sante del nostro amico Simone che, per giustificarsi, dice sempre: e quando mi ricapiterà.
Ribollita sotto il sole a Vertine, un piccolo, delizioso paesino con torre e bar ristorante.
Girovaghiamo su e giù per le colline con poche mete da raggiungere e tanta calma. Ci fermiamo quando troviamo cose interessanti.
A Panzano si cerca il famoso macellaio dell'antica macelleria Cecchini. Ne troviamo una simile, nel centro storico, ma non è lui! Sarà un macellaio copione oppure è l'originale, ma sfigato?
Da una stradina sbuca un'ape guidata da un settenano con le gote rosse e il naso a punta. Ha lo sguardo perso nel vino che ha bevuto e un sorriso generico. Da noi sarebbe un avvinazzato, qui è un testimonial.
Cerchiamo ancora. La linea telefonica non va, quindi si fa alla vecchia maniera: camminando ed aguzzando la vista, senza mappe tecnologiche.
Ecco la macelleria! Un simpatico personaggio si prodiga nel far assaggiare prelibatezze ai clienti, accompagnando con calici di vino. Un collega, dalla finestra sovrastante, chiacchiera con tre ragazzini nella fantastica parlata toscana, tutta aspirate. Sono qui da due giorni e sgià penso in toshano…
Si torna al castello dove castellaneggio più che mai.
Federico mi convince a provare a giocare a tennis e Ro mi fotografa in pose plastiche mentre mi spremo per acchiappare la pallina. Sicuramente la mia racchetta è bucata e la palla la attraversa! Prova Ro e sembra che abbia sempre giocato. Che ingiustizia. 
Mi diverto lo stesso, sperando contemporaneamente di smaltire tutto il cibo che sto mangiando in questi giorni.
I ragazzi si tuffano in piscina e noi ci abbandoniamo sui lettini nel prato, con una vista incantevole e il rumore dell'acqua.
Vorrei avere lo stomaco in grado di sopportare un bicchiere di vino degustato in questa cornice, gli stranieri si scolano intere bottiglie senza fare una piega! Io ho già i bruciori e non oso. Magari nei prossimi giorni ci proverò, ma forse pioverà e i miei propositi da alcolista light svaniranno.
L'idromassaggio è tenuto in ostaggio dalle due pesti che passano dalla piscina alla vasca, ormai fanno tutto da soli.
Per cena andiamo al ristorante del castello di Meleto. Pietre, bella atmosfera, Chianti, (casomaiceloscordassimo), tartufi, fette di carne sanguinolenta, e vinsanto.
Vuoi che muorro?
Buona notte. Salute anche a voi fantasmi pacifici.
Venerdì
Alle tre di notte alcune gocce di pioggia mi svegliano. Il silenzio è profondo.
Sento due persone, un uomo e una donna che si avvicinano. Si piazzano accanto al mio letto e mi tormentano finché non mi metto in ascolto.
Lei ha un abito lungo, di pesante velluto verde, una sottile coroncina sulla fronte, riccioli castani sono acconciati elegantemente sulla nuca. Lui indossa una camicia di colore indefinito, larga e stropicciata, pantaloni morbidi, senza un taglio preciso. Le babbucce sono di cuoio consunto. Si tengono per mano.
Teodoro e Berenice vogliono raccontare la loro storia e insistono affinché li ascolti. Io vorrei dormire, ma loro non se ne vanno e occupano la mia mente. Ci tengono molto a far sapere che si sono conosciuti e innamorati a prima vista ma, appartenenti a due ceti sociali differenti, non si sono mai decisi a concretizzare il loro amore. Durante la loro esistenza si limitarono a sguardi profondi e ad un'intesa degli animi. Entrambi si rifiutarono di trovare altri compagni per la vita, preferendo la solitudine ad un'unione finta.
Riuscirono a morire lo stesso giorno alla stessa ora, seppur in luoghi differenti. Appena trapassate, le loro anime si diedero la mano e decisero di non reincarnarsi mai più, nel timore di essere di nuovo divisi dalla sorte.
La loro semplice storia rimase segreta fino a stanotte, per centinaia di anni non riuscirono a trovare il modo di farla conoscere, nessuno ha mai raccontato la loro vicenda e di questo sono dispiaciuti.
Spiego loro che si devono accontentare di me come menestrello, che sarebbe stato più opportuno rivolgersi a Dante, a tempo debito. Io sono pure lombarda e dovrei prima sciacquare per benino i miei panni in Arno! Dovranno accontentarsi di comparire in un moderno blog senza pretese. I due sono determinati e mi sembrano soddisfatti, dopotutto. Avevano proprio bisogno che qualcuno li stesse a sentire. Potrei riciclarmi in strizza cervelli per fantasmi inquieti.
Finalmente tornano alla loro beata sorte e io dormo, non prima di essermi appuntata alcuni particolari di questa bella storia.
È mattina.
Cortona è la mia meta. Una cara amica ha dato indicazioni precise su dove andare per trovare vibrazioni energetiche e pace spirituale. Non me lo faccio ripetere, anche perché negli ultimi giorni prima della partenza Cortona sbucava da ogni dove, sulla bottiglia di vino acquistata al super, in una guida, su internet, dopo un'esistenza trascorsa ad ignorare la sua collocazione. E allora che Cortona sia!
Oggi ci sono le nuvole ma non fa freddo.
La città è antica, ricorda un po' Arezzo, le piazze sono ampie con ristorantini che si affacciano tra le volte. Percorriamo la strada principale tra negozi di souvenir e una marea di turisti di lingua inglese.
Visitiamo una chiesa, fotografiamo l'immenso panorama fatto di campi coltivati, vigneti, rocche e c'è pure il Lago Trasimeno all'orizzonte.
Ci arrampichiamo per una via crucis, fino a giungere al Santuario Santa Margherita. Si respira un'aria sacra da pellegrinaggio. Torniamo in centro per soddisfare le necessità terrene come mangiare e bere. Ci fermiamo in un simpatico baretto sulla strada dove ci accolgono felici in quanto parliamo italiano, caso strano in questa colonia inglese che è diventata la Toscana.
Finalmente ci avviamo lungo le mura etrusche, diretti all'Eremo di San Francesco, con le sue famose celle. Io non sono cattolica ma, avvicinandomi al luogo, sento forti brividi e la sensazione che mi si rizzino i capelli. Sarà suggestione.
Il posto è bellissimo, scendiamo per una scalinata fino alla cella del Santo che ovviamente è semplice e spoglia. Non c'è quasi nessuno e posso rilassarmi, respirando a fondo per ricevere l'energia della natura.
Mi sembra di essere in Tibet, anche se non ci sono mai stata.
Mentre ci avviciniamo alla chiesetta un frate suona la campana. Dichiaro che trascorrerei qui un mese in solitudine, è talmente bello e fascinoso.
Lo terrò per sempre nel mio cuore.
Al ritorno solito rito: piscina e idromassaggio, mi sento stanca e crollo sul letto dopo aver prenotato la cena.
Il paesino è strapieno di ciclisti entusiasti, domani e dopo avrà luogo la gara denominata l'Eroica e mi sa che ci rintaneremo nel castello per evitarli… Forse pioverà.
Sabato
Tuoni, fulmini e saette. Il castello è immerso in una bufera. Mi alzo nella notte e ammiro dalla finestra il paesaggio illuminato a giorno.
La pioggia scroscia vorticando.
Nebbie sulfuree avvolgono gli alberi spettrali.
Mi sembra ovvio che attorno al castello si crei un'atmosfera sinistra.
Torno a dormire, cercando di chiudere l'ascolto ai fantasmi. Ma qualcosa ronza intorno alla stanza e bussa alla mia mente.
Cerco di resistere, insiste, alla fine cedo. È un bambino. Ho 9 anni, esordisce, mi chiamo Odino (ma che nome è?) E intanto svolazza da un angolo all'altro del sottotetto. Appena raggiunge il muro tira una energica pedata e rimbalza dall'altra parte come un missile. Pare si diverta molto. Senti Odino, di notte vorrei dormire, vai a fare casino da un'altra parte, grazie. Lui, con un bel sorriso, mi dice di essere morto a causa della peste, nel Seicento.  
"Non me ne sono accorto, avevo la febbre alta. Sono trapassato nel sonno. E ho deciso di rimanere per sempre bambino. Mi diverto un mondo. Gioco ai quattro cantoni, disturbo la gente, la maggior parte non se ne accorge, cioè, dorme male, ma non si rende conto che sono io che sto giocando. Faccio scherzetti, anche a te. Perché credi che non funzionino le pompe di calore? Hahaha! Dillo alla reception!"
Va bene Odino, sei simpatico e monello, vuoi che scriva la tua storia? 
"Sìì." 
E finalmente se ne va vorticando.
Al mattino le pompe di calore continuano a non funzionare. Io, ubbidiente, lo segnalo alla reception. Un signore viene a fare alcune prove ma l'impianto non parte. Allora mi precipito a scrivere la storia di Odino, sperando che, molto riconoscente, la smetta di fare il furbo, e, una volta accontentato, interceda con la pompa di calore.
Intanto ci abbuffiamo al buffet. Ci sono certe briochine calde.
Per fortuna continua a piovere, così decidiamo di rimanere al castello e improvvisiamo una partitona a biliardo: io e Federico contro Ro e Riccardo. Li stracceremo! E invece vince la squadra avversaria, ma Riccardo, salomonico e benevolo afferma: non è importante vincere, ma divertirsi. E noi ci divertiamo.
Prenoto pure un massaggio per il pomeriggio. Me lo merito, dopo tutte queste emozioni.
Tra parentesi, una volta tornata in camera, il riscaldamento ovviamente si è messo a funzionare, grazie Odino! E buon divertimento, ma nella stanza di qualcun altro please.
Pranzetto carissimo al castello… Per capire: un caffè tre euro… Ma piove e piove e non abbiamo voglia di avventurarci per il paese.
Ed ecco l'ora del massaggio. Una donna gentile dai grandi occhi azzurri e i capelli biondi mi fa accomodare sul lettino. Io respiro a fondo, preparandomi a questa esperienza. Appena inizia sento un grande caldo provenire dalle sue mani. Rimango un po' sconcertata. Presto scopro che è anche pranoterapeuta. Che fortuna. Lei ascolta il mio corpo e, puntuale, descrive le mie magagne. Passa attraverso punti che scricchiolano paurosamente, sento dolori acuti che mi fanno ridere e subito dopo mi rilasso. Dolore e relax si alternano, mi sento risucchiare in qualche altro mondo, o forse torno nel mio vero mondo, fuori da Matrix… Scherzavo.
Capisce che soffro di cervicale, che ho la schiena dolorante (l'altro giorno ho sbattuto troppo energicamente un tappeto pesante) e che il braccio destro soffre perché l'ho usato troppo (tutto vero, infiammazione da utilizzo del mouse in ufficio, questi schiavisti, e utilizzo molto scorretto della racchetta da tennis).
No, è già passata un'ora. Mi lascia qualche minuto stordita sul lettino, sono indolenzita e lei, sicuramente un angelo, mi dice che domani starò molto meglio.
Per ora sento arrivare folate di calore (non è la menopausa). Il collo è più sciolto e il mal di schiena scomparso. Dovrei fare un massaggio così ogni mattina.
Ma non sono Madonna e al mattino mi accontento della bella gita in auto verso l'ufficio, possibilmente cantando a squarciagola. Rilassa molto.
Cenetta in un posto nascosto da un bosco, si arriva solo attraverso una strada sterrata. Diluvia ma la nostra auto procede tranquilla. Il locale è carino. Un cameriere anziano è un po' burbero, credo che abbia solo bisogno di un sorriso. Procedo e lui diventa gentile. Che bei piatti. Assaggiamo e non possiamo fare a meno di dire che sono anche deliziosi. La carne di Federico è grigliata e poi immersa in un bicchiere a tocchetti, con olio tiepido ed erbette tritate. Dal bicchiere escono rosmarino, salvia ed erba Luisa, freschissimi e profumati. Caspita questo chef che belle idee. Io e Ro abbiamo davanti un quadro che è un omaggio a questa terra con il sole - radicchio, i cipressi - cavolo nero e la casetta toscana di pecorino e prosciutto lavorati. Non vado oltre. Il Chianti Riserva ha coronato questa piacevole serata di addio, la candela mi ha rallegrata. Mi fa molto piacere vederla in tavola. Da me non manca quasi mai.
È ora di leggere il mio libro che parla di energia e curandere, in tema con la spiritualità che è stato il filo rosso di questi cinque giorni.
Domenica
Salutiamo il nostro castello con nostalgia. Siamo stati felici noi quattro insieme, senza pensieri e circondati da cose belle.
Schiena, collo e braccio sono guariti, tra angeli e fantasmi non posso dire di essermi annoiata.

Foto GiBi