Bellissimi è un paese bellissimo con gente bellissima. Quando arrivi ti trovi in Liguria ma in una Liguria pulita, ordinata, che quasi credi di aver sbagliato qualcosa. Forse la strada.
C'è il FAI oggi a Bellissimi e di solito ci riserva belle sorprese.
I giardini sono pieni di fiori, piante rigogliose e qualche animale.
Chi non farebbe un bel bagnetto in questa vasca tra le fronde? Le case ben sistemate, di rado si vede qualche cosa che stona.
Entriamo nel vecchio asilo. Qui le suore della Carità si occupavano dei piccoli del paese, ma anche di chi aveva bisogno di un'infermiera, o semplicemente di consolazione. Che bello ricevere consolazione. E' una cosa gratis che, offerta da un estraneo, vale molto.
Negli anni Venti, fino ai Cinquanta, si sono prese cura delle anime di Bellissimi che ricambiavano con affetto.
Alle pareti vecchie mappe dell'Italia, gli uccelli, le piante. Piccoli banchi di legno, che si aprono per contenere quaderni e libri, accolgono preziosi giochi fatti di cartoncino e materiali semplici. Tutto è rimasto agli anni '50, quando si è deciso di chiudere l'asilo per mancanza di bambini e di suore. E' come una foto antica rimasta lì, sotto la polvere.
I locali sono stati riaperti dagli abitanti che hanno fatto ordine e pulizia. Sfoglio vecchi registri, i manuali con le regole di grammatica scritte in modo chiaro e semplice, come piace a me, (sono un po' antica anche io in effetti) senza disegni ruffiani.
Ecco il librone del protocollo, con le missive provenienti per lo più dalla Prefettura. Un letto minuscolo, vecchie lampade, interruttori d'altri tempi.
Sembrano le buone cose di pessimo gusto, sistemate con cura nella saletta.
Scendiamo in uno spiazzo all'aperto dove ci attendono due attori. Con grande semplicità e disinvoltura leggono una fiaba. Quattro bambini indossano mantelli e strani copricapi che ricordano animaletti del bosco.
Ascoltiamo incuriositi. La storia è lunga, si mette a piovere, seguiamo gli attori nell'asilo, siamo quasi gli unici spettatori. Ascoltiamo le parole che si rincorrono e le pagine che girano.
Arriva ora di pranzo e la lettura si interrompe. Eh no! Proprio adesso che siamo al termine! Voglio sapere che ne sarà del Piccolo Popolo, di Rattin e della signora del tagliere di legno.
Tiriamo fuori gli ombrelli e gustiamo lo zemino, arrivano formaggi e uva, dolcetti fatti in casa. La gente del paese si dà da fare per accogliere al meglio questi turisti che resistono alla pioggia.
L'attore, che scopriamo essere anche l'autore del racconto, passa tra i tavoli, ora fa il cameriere. Gli chiedo come va a finire la storia, e allora lui, molto paziente, si mette a recitare solo per noi del tavolo, con una semplicità e una bravura insoliti. Mi godo le ultime vicissitudini dei protagonisti con grande piacere.
Poi passa al racconto vero, quello reale, ci fa vedere chi sono i protagonisti, sono gli abitanti del paese. E un po' di tempo fa sono arrivati pure dei profughi, accolti con una bella cena sotto gli ulivi, senza tante parole.
Ma ci pensate, uno che arriva dall'altra parte del mondo senza conoscere la lingua, stremato dal viaggio. Come si sentirà?
Se ci si ferma a fare una riflessione, forse passa la paura di chi è diverso. E il cibo è un veicolo per unire, per provarci, almeno. Questi ragazzi col sorriso candido aiutano a servire, si danno da fare, sembrano perfettamente a loro agio.
È una specie di miracolo. Ma si vede che qui, a Bellissimi, si può.
Ed ecco le mongolfiere. Questo paese dalle mille sorprese è specializzato nella realizzazione di mongolfiere. Ne gonfiano una per festeggiare la giornata del FAI. Noi stupiti, col naso all'insù, i paesani fierissimi e sorridenti, scatta l'applauso, il cielo nuvoloso e soffice accoglie il pallone che si muove sinuoso ed elegante.
Poi andiamo a vedere come si fabbricano.
Il luogo si chiama il "Casinò", perché qui gli abitanti vanno a giocare a carte. Sono molto soddisfatti di questo edificio che, anche se pubblico, viene gestito da quelli del paese, che con grande responsabilità si dividono i compiti, puliscono le strade, ordinano le piazzette, mantengono in vita gli edifici che sono di tutti. E soprattutto si divertono e vanno d'accordo. Mai vista una cosa così, saranno usciti dalla fiaba dell'attore.
A Bellissimi ci sono anche persone che vengono dall'estero o da altre regioni, hanno sistemato alcune casette e ovviamente hanno fatto amicizia con i locali. Anche loro vengono coinvolti in proiezioni di film con commento, conferenze, feste, mostre.
Eh sì, c'è molto da imparare. Non ci sono solo le sagre.
Visitiamo un magnifico giardino aperto al pubblico per l'occasione. E troviamo i funghi!
Poi nel nostro girovagare stanco troviamo una scrittrice che ci racconta la vita delle "Sasselline", le famose donne che venivano dal Piemonte, per lo più da Sassello, a raccogliere le olive. Possiamo anche visitare le loro semplici abitazioni che venivano messe a disposizione dai proprietari degli uliveti.
Nei vicoli incontriamo un signore del paese che, mentre io esclamo: "Che belloooo!" Lui risponde: "Eh, certo, siamo a Bellissimi, è tutto bello!"
Ha ragione.
Due signore spiegano come si fa la torta verde che viene servita calda in una casa di pietra dove fotografo questo melograno aperto molto invitante e scenografico: Fiori, piante, frutti, quanto è bello l'entroterra ligure.
In una fascia veniamo reclutati da un rabdomante e con entusiasmo ci mettiamo in coda per provare le nostre capacità nel trovare l'acqua.
Copio e incollo da Wikipedia perché non sapevo da dove venisse la parola:
"La rabdomanzia (dal greco ραβδόηαντεία) è una pratica che consiste nel tentativo di individuare acqua o filoni di metalli nel sottosuolo utilizzando uno strumento di legno, generalmente una bacchetta biforcuta, che è utilizzata come amplificatore dei movimenti del corpo generati da supposte radiazioni emesse dall'oggetto ricercato. Chi usa questa pratica è chiamato rabdomante".
Camminiamo lentamente verso il punto in cui ci dovrebbe essere l'acqua e sghignazziamo. Il mio legnetto si muove!
Una signora prova e riprova, ma il suo aggeggio gira al contrario, ridiamo tutti di cuore, e ci sentiamo un po' rabdomanti anche noi.
Comunque per costruire un simile attrezzo bastano due rametti flessibili di ulivo legati in cima. Si prendono i due manici come se fossero un manubrio e si cammina finché non scendono verso il basso con un movimento autonomo. Provate che è divertente.