I contrasti di Bruxelles e due giovani che vanno al museo invece che a scuola


C'è la città alta in stile liberty seriosa e quella bassa caotica e vitale.
Ci sono i cittadini un po' altezzosi che parlano in francese e ci guardano come mosche sul naso e i barboni, sistemati dovunque tra cartoni, sacchetti di plastica, materassi e bottiglie vuote.
Le strade sporche, la metro puzzolente e i palazzi ricamati finemente, eleganti e perfettamente illuminati di notte.


Finiamo nella Grand Place e ci imbattiamo in un chiassoso, variopinto e allegro matrimonio arabo ma anche un po' simile ai nostri.
Accanto un evento solenne: uomini vestiti da confraternita, (sarà una cerimonia delle corporazioni dei mestieri?) sfilano cantando con voce baritonale, serissimi e un po' ridicoli.


Due uomini in cima al municipio si affacciano alla finestra e si baciano. Saranno pure loro due sposi? Qui si può.


Ci dirigiamo verso il Parlamento Europeo e incappiamo in un bel palazzone con targa:
Delegazione del Molise.
Certamente utile nella politica d'Europa.
Entriamo nel Parlamento. Non ci sono poliziotti, l'accoglienza è free. Ti fanno sentire in un posto amichevole.


C'è molto personale, tutti parlano italiano. Ci consegnano l'audio guida che strisci su appositi segnali e parte, molto utile. Le storie dei vari stati si incrociano culminando nella seconda guerra mondiale. Foto, testi, ricordi, frasi e scrittori raccontano le vicende fino ai giorni nostri. È tutto interattivo, rassicurante e amorevole, ti sembra quasi che i soldi che ci sottraggono siano ben spesi.




 

Le faccette dei politici paiono persino simpatiche, messe insieme sul tabellone luminoso. Trascinando delle consolle su appositi punti del pavimento su cui c' è l'Europa ti posizioni su città che hanno utilizzato gli aiuti europei. In una saletta ti accomodi su poltroncine e ascolti personaggi dei diversi Stati che portano avanti progetti economici e culturali. All'uscita puoi scrivere una frase, che compare subito su un maxi schermo, su ciò che vorresti per l'Europa unita e per finire ti regalano un cubetto di legno con la scritta: cast your vote. Ringraziamo la prof. di Fede che ha caldeggiato questa visita, merita veramente.
Per strada veniamo catturati da una signora bionda e intraprendente in un ristorante tappezzato di fumetti. Una specie di museo.
I nazisti avevano vietato i fumetti americani, così i Belgi si sono organizzati. Qui è nato Ten Ten e persino i Puffi!


Alla sera, dopo aver vagato tutto il giorno, finiamo in un girone infernale intorno alla Grand Place. Migliaia di persone vocianti si accalcano nei ristoranti poco attraenti. Vorrei solo una birra fresca. Ma i ragazzi devono cenare. Finiamo in un posto orrido con cibo discutibile. Prendo la famosa birra rossa alla ciliegia, la Morte Subite: troppo dolce e leggerina. Non fa per me. Meglio andare a dormire.


La mattina è fresca e pulita, c'è un bel sole. È domenica e la città è deserta. Colazione da Wittamer, consigliata da amici, in Place du Grand Sablon.
Si tratta di una super pasticceria, ma la festa viene un po' rovinata dall'accoglienza gelida. Si vede che gli italiani a loro non piacciono. Giuro che paghiamo anche noi e non sporchiamo.


Ci avviamo verso il museo di Magritte.
Facciamo foto in un gioco di specchi per celebrare l'artista come si deve. Questo pittore lo amo da tanti anni e non vedo l'ora di conoscerlo meglio.
Le strade sono chiuse: c'è la maratona. Un fiume di persone colorate che corrono sudate con il sorriso. C'è chi corre accompagnando una sedia a rotelle con sopra un maratoneta che corre con la mente. Mi viene da applaudire.


Eccoci al museo.

 

Mi fanno posare la borsa dicendo che è troppo grossa. Mi vietano di fare foto nonostante le facciano tutti ed io non usi il flash. Le audio guide in italiano sono tradotte in modo orribile e sono veramente noiose. Vogliono uccidere Magritte.
Ma tengo duro e mi godo "L'impero delle luci" Guardo e riguardo. Per anni un poster è stato appeso in camera mia.
Magritte non dava titoli ai suoi dipinti. Erano gli amici a scegliere, lui non voleva spiegare. Il tipo dell'audio guida si spertica in interpretazioni. Pazienza.
Ci concediamo un giro nelle sale fiamminghe. I quadri rappresentanti scene di vita sono così veri, le luci escono dal buio, gli sguardi guizzano. Gli angeli cadono all'inferno trasformandosi in strani personaggi animaleschi.
Pranziamo al bar. Una signora dall'apparente viso gentile mi rivolge la parola in un buon italiano: "Siete qui in vacanza? E i vostri figli non vanno a scuola?" Segue sorriso maligno.
Allibita rispondo che, anche se saltano un paio di giorni l'esperienza che stanno facendo è unica. Non siamo nel bar di un museo? A 9 e 15 anni quanti giovani hanno la fortuna di fare viaggi all'estero divertenti e istruttivi? Conoscere altri popoli, sentire e leggere altre lingue, vedere architetture diverse da quelle a cui sono abituati, visitare musei, luoghi nuovi. Non è scuola questa?
Signora mia, io ti stupisco e tu mi deludi.


Questa è l'immagine del povero bambino al bar del museo di Magritte che, invece di andare a scuola, è a Bruxelles a guardare i quadri famosi di un grande pittore.
Esempio di pessima educazione.
Andiamo a vedere il famoso Atomium,il simbolo di Bruxelles.


Si trova in periferia ed è stato realizzato negli anni Cinquanta in occasione del'Expo. Si tratta di enormi sfere, ora in acciaio inox, restaurate e visitabili con scale mobili. La struttura ci fa riflettere sul valore dell'attuale Expo di Milano. Qui in Belgio il grande monumento non è stato abbattuto e, dopo decine di anni, è ancora una grandissima attrazione.
Il messaggio era: dopo la guerra fiducia in un mondo migliore, nella tecnologia, nello sviluppo.
E all'Expo di Milano cosa si dice? Cibo e ancora cibo, ci siamo ridotti alla foto del piatto nel posto col marchio. Il marchio è universale, lo trovi in ogni città, sei figo perché gli sei affezionato.

 

A Bruxelles invece si va indietro nel tempo.
In una sfera ci sono tante palle colorate con dentro lettini per bimbi che, con le loro maestre, possono trascorrere lì la notte.
Vediamo i gadget degli anni '50: depliant, portachiavi, tazze e le hostess. Come erano eleganti. C'è anche Liz Taylor con gli occhi da gatto. Usciamo
soddisfatti, un viaggio nel passato che pare nel futuro.
Dobbiamo essere coraggiosi. Supereremo certamente anche la fase cibo e brand.



Prossima tappa: il Manneken-Pis, ovvero il bimbo pisciante. Si narra che questo bimbetto abbia spento una miccia facendovi sopra i suoi bisogni. È una statuetta di circa 30 cm, vestita con abitucci che vengono regalati in occasioni speciali. Una sciocchezza da turisti e io lì insieme alla folla a fare foto, sentendomi stupida.



Attraversiamo un quartiere arabo. È davvero interessante finire in questi posti. Si imparano tante cose. I bar si susseguono e, seduti ai tavoli, ci sono decine di uomini, solo uomini, che fumando sorseggiano il tè con menta e latte. Al piano superiore hanno delle salette per le donne e i bambini. Cose dell'altro mondo. I negozi vendono cibo halal, frutta e verdura con tante spezie, carni e dolci bellissimi, sono tunisini, di farina di ceci, miele, frutta secca, spezie.
Abbiamo visto tante cose in pochi giorni, alla sera ancora un giro in centro tra giovani che bevono alcolici seduti per terra e la polizia che osserva. Ci sono parecchi sbandati che gironzolano. Una birra in un pub e tutti a dormire. Domani si torna a casa arricchiti, con un po' di Belgio negli occhi e cioccolata nei trolley.


Dimenticavo: i personaggi speciali non mancano mai:



Foto GiBi