Libri che ho letto: "La notte alle mie spalle" G. Simi


Questo è un noir moderno, scritto con tutti i canoni della narratologia contemporanea. Lo scrittore è riuscito a raccontarci il protagonista, Furio Guerri, in due modi:
in prima persona al presente parla il Furio Guerri "mostro", l’essere straordinario, anormale, colui che fa errori.
in seconda persona, sempre al presente, vengono invece narrate le vicende del Furio Guerri rappresentante, l’essere ordinario, normale, colui che cerca di far andare bene le cose.
Queste due modalità si alternano, capitolo dopo capitolo, in una narrazione non in una costante successione temporale, ma un po’ scomposta, come la mente (forse solo apparentemente) confusa del protagonista. L’autore, in questo disordine ben studiato, fa emergere poco alla volta nuovi particolari che compongono la vera storia del mostro/rappresentante.
Apprezzo la mancanza del solito commissario che fa le indagini e la capacità di fare luce sulla reale situazione utilizzando lo stesso protagonista come narratore bipolare, in un gioco di luci e ombre in cui gli spot si accendono, quasi come in un teatro, su determinati particolari e solo in momenti salienti, per accompagnare il lettore a comprendere la dualità di Furio Guerri, un uomo talmente normale da toccare, nel fondo della sua personalità, il suo esatto opposto.
La narrazione fa capire che il vero protagonista, tra i due estremi dello stesso personaggio, è il mostro, ovvero colui che non riuscirà a redimersi. Infatti ben presto si capisce che è sempre il mostro a parlare: sia in prima persona, quando si sente se stesso, che in seconda, rivolgendosi alla parte di sé normale, che vive con distacco, come alter ego lontano, quasi patetico.
Gli altri personaggi che ruotano intorno a Furio sono caratterizzati e visti attraverso la lente del protagonista che li spoglia (facendo un'operazione simile a quella che fa su di sè) da tutte le sovrastrutture che si sono creati per apparire migliori e li presenta nella loro essenza, insinuando che, dopotutto, il mostro è in ognuno di noi.
"Gli altri" infatti si agitano per sembrare migliori, lo giudicano, cercando di distanziarsi da lui. Ma anche nelle loro interiorità, senza dover scavare molto, si annidano insicurezze, fantasmi paurosi, debolezze, meschinità.
Furio in fondo ha il coraggio di raccontarsi per come è, osservando anche il suo lato positivo di lavoratore, marito, padre, collega, con uno sguardo cinico, sincero e disarmante.
In fondo solo in galera, nella solitudine sull'isola, trova la sua dimensione, dove finalmente non deve apparire per ciò che non è. Dove i confini sono certi e le regole dettate da altri. Da lui, lì, non si pretende più nulla.
Furio /Simi infine ci fa capire che c’è chi riesce a mascherare il mostro che ha dentro, anche se in maniera goffa, e chi invece soccombe al lato oscuro, forse per eccessiva banalità.
La banalità che si trasforma in Male.
Dentro a questo romanzo ritrovo Gregor Samsa, Frankenstein, Mr. Hyde, i personaggi di Pirandello, di Dostoevskij, in cui, nel genere umano, a prevalere è il demone del male che deriva dal sentirsi diversi, fuori luogo, dissociati da una realtà fatta di conformismo e ipocrisia. Mostri quasi comprensibili, perchè contengono una qualche piccola parte che l'uomo o la donna cosiddetti normali celano dentro di sè, come una oscura sorpresa.
Mi chiedo se il vero eroe moderno è colui che ammette di essere ciò che è?
E che, attraverso il baratro, risale verso la vita, nel nostro caso verso la figlia un po' folle, ma paradossalmente, unica luce vera che lo accompagna attraverso la propria lucida pazzia.
Però bisogna ammettere che alla fine Cathy e Heathcliff (più volte citati attraverso un gioco on line tra protagonista e...) rimarranno per sempre fantasmi nelle loro Cime Tempestose e Furio e Caterina non andranno mai nella brughiera dello Yorkshire, ma rimarranno solo due parti della stessa follia.
Tutti resteranno congelati dalla loro passione distruttiva. Ognuno nel proprio libro o dietro a uno schermo del computer.
Nella notte che incombe alle loro spalle, come un monito terribile e senza ritorno.
Parafrasando Giorgio Gaber: l'eroe moderno ha perso?