25 Aprile

Tina e Luisa - Novara 1940

 Racconto di 500 parole arrivato terzo a: 

#scopriarte Contest 25 aprile

Stendo la biancheria nel silenzio del paese.
Le api ronzano e gli uccellini cantano le loro melodie.
Una musica storpiata si fa strada da lontano. È il 25 aprile.
Mi sale un nodo alla gola. Quante emozioni oggi rimbalzano da persona a persona. Ho letto articoli e pensieri nei giorni scorsi e tutti si affannano ancora a stare da una parte o dall'altra dell'Italia che fu.

Siamo l'unica nazione che festeggia una sconfitta.
Magari ci fosse ancora Lui.
Tanti giovani morti per liberare l'Italia dagli italiani e dallo straniero.
Ma poi quante vendette.
Cosa c'è da festeggiare?
È stato un giorno meraviglioso.

Risento i racconti dei nonni. I viaggi in bicicletta dalla città verso paesini dove c'era ancora un po' di cibo da smerciare al mercato nero. Ci andava mia nonna, facendo la faccia innocente. E tornava con cose proibite nascoste sotto al cappotto: patate, riso. Tremando e pedalando.
E in questo posto tra gli ulivi, dove vivo, so di uomini che lavoravano in campagna per mantenere la famiglia, scambiati per dissidenti e fucilati sul posto, o caricati sui camion.
Attimi di terrore, con la morte attaccata al fucile di un uomo come te, che ti guarda come se non esistessi. E la tua vita è appesa al suo umore, alla sua bontà, alla sua cattiveria, al caso.
I tedeschi bussano alla porta con forza. Mia suocera è una bambina, entrano e vogliono mangiare. Sua mamma frigge le patate e le frigge ancora, pregando che se ne vadano, felici di quel pasto caldo che fa pensare alle loro mamme, sperando che si accontentino e che vadano a fare la guerra da un'altra parte.
Immagino questo paesino immerso nel silenzio, come oggi, le persone quasi tutte povere.
Non glie ne fregava niente della guerra, volevano solo mangiare e scaldarsi.
I bambini andavano a scuola a piedi, con un pezzetto di legno in mano da infilare nella stufetta della classe.
Il tempo passava al ritmo delle stagioni: la legna da tagliare, le olive da raccogliere, lavare i panni al fiume.
E poi c’era quella guerra, che risuonava lontana finché non compariva improvvisa, con gli occhi azzurro cielo del temuto avversario, e la sua arma puntata.
Ora lo straniero viene qui in vacanza e ristruttura vecchie case. Siamo tutti sotto lo stesso cielo e sopra la stessa terra.
C'è ancora chi sta a destra e chi a sinistra, attaccato a ideali che si dissolvono, come la canzone partigiana che svolazza stonata nella valle.
Il 25 aprile è libertà, dolore, morte, fame. Il prezzo da pagare.
È tornato il silenzio.
Questa guerra sarà finita solo quando un ragazzino annoiato la leggerà su un libro di scuola e non avrà sentito i racconti dei nonni, e non avrà la più pallida idea di cosa fosse, come la Guerra dei Cent'anni o quella del Peloponneso.
I morti allora riposeranno in pace e i vivi, forse, avranno capito che la guerra è solo una gigante, immensa pazzia.

Foto archivio GiBi