4 - Ho toccato la Luna con un dito - Road Trip dalla Route 66 al Pacifico

Capitolo 4 
Oggi colazione in camera, il figlio è costretto dal resto della famiglia (tre bulli) a scendere in pigiama a ritirare bevande e dolcetti da Starbucks. Chi è più giovane paga pegno. 
Proviamo a ricollocare ogni cosa dentro alle valigie, operazione che dimostra quanto la teoria sull’entropia, in base al secondo principio della termodinamica (l’ho cercato), con una tendenza della natura verso il disordine, sia corretta. 
Il figlio grande e il marito vanno a prendere l’auto. Vi ricordate? L’avevamo lasciata in un posteggio fantasma nel centro di Houston. Mi preoccupo. Ci sarà ancora? L’avranno distrutta? Potranno uscire? 
Io e il giovane ci prepariamo con tutti i bagagli fuori dall’hotel. Strano come stiano aumentando. Ad esempio ora abbiamo anche sacchetti di viveri e bevande, qualche acquisto che non starà mai in valigia e oggetti non bene identificati. Meglio non pensarci. 
La Texi arriva trionfalmente. Tutto a posto. Però dobbiamo fare ancora un passaggio al gabbiotto della Sixt, dalla signorina tutta treccine e occhi rotondi. 
Sì, perché Mr. Smith (l’angelo di ieri) ci ha fornito l’auto per un solo giorno, ora ci tocca rispiegare tutto nella filiale di down town e sperare che il nostro angelo abbia lavorato bene. 
Questi sono i problemi che nascono in vacanza e noi li dobbiamo risolvere. 
La b… (b può stare per bruna, bella, ma anche altre cose in inglese) che abbiamo avuto il dispiacere di conoscere ieri è lì e mi fa una faccia ancora più antipatica. 
Io parto subito con una filippica su quanto sono stati poco professionali e anche qui voglio parlare con la sua manager che arriva in un profluvio di sorrisi. Infatti il nostro angel Mr. Smith ha sistemato tutto. Meno male. 
Pochi minuti, una manciata di firme e si riparte, con tante scuse, rimborso dei taxi di ieri e della giornata in più di noleggio che ci hanno fatto pagare per poter prendere l’auto in aeroporto. 
Faccio tanti auguri di Buon Natale alla treccina e lei rimane di stucco, pensava che le avrei messo le mani addosso, fortunata, non sono violenta. 
E via, verso lo Space Center della Nasa! Abbiamo tempo per fare un giretto nei dintorni che sono deliziosi. 
C’è un borgo fatto di lussuose casette di legno colorato che si affacciano sul mare, o forse è una baia, comunque di sicuro siamo sul Golfo del Messico. 
Al posto dei garage hanno delle palafitte su cui sistemano le barche, i prati sono perfettamente tagliati, verdi e rigogliosi. È un posto da favola, tutto pulito e ordinato. Ci abiteranno gli ingegneri e gli astronauti? 
Ingresso trionfale alla NASA, non c’è ancora quasi nessuno, caffè orribile al bar ma siamo eccitati. 
Nella grande sala del Destiny Theater, dal titolo altisonante, va in onda il filmato Human Destiny, composto da oltre 6 milioni di riprese originali, in cui si racconta la storia della NASA, dalla fondazione ai più importanti progetti spaziali del passato, presente e futuro. Si vede anche il podio da cui Kennedy nel 1962 annunciò il programma Apollo, pronunciando la fatidica frase: We choose to go to the moon. 
Il video è strappalacrime e ci porta dalla missione sulla luna ai giorni nostri per mostrare l’Uomo che viaggia verso l’ignoto, che rischia la vita, che supera se stesso. Bellissimo e coinvolgente, come solo gli americani sanno fare. 
Nella testa risuona in loop Space Oddity di Bowie, e se non qui, dove: Ground Control to Major Tom… con la frase straziante: tell my wife I love her very much, she knows… 
Un trenino ci porta all’interno della base, tra grandi hangar, uffici, zone verdi, per la Historic Mission Control, con visita alla sala comando dell’Apollo 11, per il primo tentativo di atterraggio sulla Luna. 
Ecco l’area di monitoraggio, ancora intatta, con le sigarette spente nei portacenere, le poltroncine anni Sessanta, i fogli con i calcoli, i monitor, i pulsanti. Da questa stanza il team della NASA ha esercitato il controllo completo della missione Apollo 11 dal lancio al Kennedy Space Center fino all'ammaraggio nell'Oceano Pacifico. 
Su grandi schermi vengono proiettate quelle immagini incredibili e dentro di me si crea un corto circuito, perché il tempo perde i suoi contorni, ho tre anni, sono nella mia casetta di Milano, quando ancora la mia vita sembrava su un binario molto differente da quello che poi ha preso. 
La tv in bianco e nero, mio papà che esulta, immagini messe da parte e poi ritrovate. 
E ora sono qui, in una triangolazione pazzesca, mentre l’evento dei miei tre anni si srotola un po' sfocato sullo schermo, la stanza a colori in cui tutto avveniva è davanti a me, congelata in quell’attimo incredibile. 
Andiamo a pranzo nel bar centrale dove ogni cosa costa tantissimo, il salmone con le patatine va bene per tutti, e, una volta svenati, prendiamo un altro trenino che sfila di fronte a bisonti dalle corna enormi per portarci allo Astronaut Training Facility, il campo di preparazione degli astronauti e centro di ricerca e sviluppo. 
Una passerella sopraelevata permette di osservare alcuni moduli di addestramento, capsule per i test in ambienti di microgravità, rover e robot. 
Siamo nelle vacanze di Natale e il centro è poco popolato. Però è impressionante vedere l’immensità degli spazi, le scrivanie, i cavi che chissà dove vanno, qualche decoro natalizio, uno schermo che riproduce un caminetto per rallegrale l’ambiente. L’impressione è che ci sia un’atmosfera scherzosa e che questi scienziati si prendano poco sul serio. 
Entriamo nella perfetta replica dello shuttle Independence, montata sull’originale Boeing 747 NASA 905, il velivolo usato per il trasporto degli shuttle: vediamo la cabina di pilotaggio e la zona abitata. Nella stiva è esposta la capsula STS -49 con la quale, nel 1992, tre astronauti passarono ben otto ore durante una missione di recupero di un satellite. 
Nel Centro ci sono un’infinità di reperti da osservare, il cibo spaziale, le tute, anche danneggiate, ci sono foto della Samantha Cristoforetti nazionale che ci riempie di orgoglio, nella Starship Gallery sono esposte navicelle, moduli lunari, e diversi reperti provenienti dallo spazio. 
Tra le attrattive più seducenti c’è il modulo di addestramento per Skylab, la prima stazione spaziale abitabile degli Stati Uniti. Il progetto Skylab ha permesso di studiare nuovi metodi per vivere e lavorare nello spazio per lunghi periodi, è stato quindi precursore dell’ISS. 
Non posso non accennare alla Missione su Marte. Sto leggendo in anteprima un romanzo di Elisa Maiorano Driussi che parla proprio di un’astronauta alle prese con le selezioni per poter partecipare al programma che porterà l’uomo sul Pianeta Rosso. La coincidenza è incredibile, perché la protagonista del romanzo si aggira proprio in questo centro spaziale.
A volte la vita è proprio surreale, almeno per me. 
Un’altra sfida sarà dare la possibilità agli astronauti di coltivare cibo su Marte, esattamente come nel film The Martian con Matt Damon e qui si studiano proprio queste cose. 
Ho anche toccato la Luna! Ebbene sì, c’è un pezzetto di Luna su cui puoi far passare un dito e da qui… toccare la Luna con un dito è un attimo. 
I maschi del gruppo comprano magliette e calamite, io stranamente non vengo irretita da attrazioni turistico-gadgettistiche e mi guardo intorno, incredula di fronte al coraggio e alla determinazione di alcuni uomini che sembrano avere un reale significato su questa terra, come se facessero parte di un gruppo di persone “superiori”, in grado di concentrarsi solo su questioni scientifiche, sullo sviluppo dell’umanità, mettendo a repentaglio le proprie vite per il grande Piacere della Scoperta. 
Permettetemi di concludere con un omaggio ai miei amatissimi Piero e Alberto Angela, che spesso hanno parlato di questa base e delle avventure umane nello spazio e forse, sia noi che i nostri figli, se abbiamo voluto iniziare la vacanza da qui, è anche grazie a loro.