5 - La traversata - Road Trip dalla Route 66 al Pacifico

 Capitolo 5

Prossima tappa: Decatur Texas. Direte voi: ma che posto è? Appunto, è un non-posto. 
La nostra meta è… rullo di tamburi… il Grand Canyon, ma per arrivare lì bisogna macinare molti chilometri, per cui nel nostro progetto di viaggio abbiamo dovuto spezzare l’itinerario con due tappe intermedie. 
Sono proprio curiosa di vedere il cuore del Texas, la parte non turistica, quelle strade dritte e infinite che si vedono nei film. Cosa ci sarà? Cosa mi colpirà? 
Sui lati della carreggiata svettano enormi cartelli che sono davvero uno spasso. Ne fotografo una manciata, non so se il loro intento sia auto ironico o serissimo. I temi principali sono:

- Avvocati specializzati in incidenti stradali (e qui tocchi ferro o altro a seconda…) 
- Gruppi religiosi a caccia di fedeli 
- Vendita di giochi erotici 
- Medici esperti per assisterti in caso di gravi malattie (e qui tocchi di nuovo un po’ in giro)
- Vendita armi (inquietante) 

Le rare casette che si fanno coraggio in villaggi sperduti sono ricoperte da luci natalizie fin sul tetto, davanti esibiscono addobbi di tutti i generi: babbi Natale gonfiabili, slitte, alberelli agghindati. 
Anche le auto sfoggiano un look natalizio con lucine colorate, gambe di folletto che penzolano dal portabagagli, corna di renne ai lati del vetro anteriore. 
Insomma, pur essendo su un’autostrada, tutto ci ricorda che la notte di Natale si avvicina e che noi siamo soli soletti in mezzo a queste enormi distese americane. 
Già nei viaggi precedenti negli USA ho coltivato un’insana passione per i musi dei camion che sono per me di una bellezza unica. Ogni truck ha il suo colore che va dal metallizzato all’opaco, toccando le infinite tonalità dell’arcobaleno. Le cromature sono brillanti, tutto sembra nuovo e lucidato a dovere. Si vede che i loro possessori ne vanno fieri e io li fotografo adottando una tecnica particolare: mentre il figlio al volante li supera, mi preparo allo scatto posizionando il telefono accanto a me, con la parte lunga attaccata al vetro, giro la telecamera e, appena scorgo la parte anteriore del camion, se mi piace e se ha un colore che non ho ancora visto, zac, lo acchiappo. 
Con la giusta inclinazione e un po’ di velocità la foto viene perfetta e la mia collezione si arricchisce chilometro dopo chilometro. 
Passiamo accanto ai cartelli per Dallas e scatta la sigla: 
hey hey hey, forza vieni a Dallas, la fortuna incontrerai, sacco a pelo e una chitarra, vieni a Dallas vieni qui, sai ballare balla… 
Ma niente Dallas in questo viaggio, che peccato! 
Per pranzo ci infiliamo in un supermercato che è mitico in Texas e che si chiama Buc-ee’s. I figli lo conoscono benissimo, io faccio un bel giro per capire dimensioni e tipo di merce esposta. 
C’è un enorme reparto con abbigliamento e gadget con sopra il loro marchio, un simpatico castoro dal berretto rosso. Ma la parte più divertente è l’area food: nel centro trovo una zona circolare in cui si muovono parecchi ragazzi muniti di cappelli texani, sono loro che cuociono e affumicano enormi tagli di carne per poi tagliarli e infilarli in panini super farciti anche con abbondante salsa barbecue. 
Il tutto urlando: Fresh Brisket on the Board! Con tanto di coro di rimando. 
Sembra un teatro e mi fermo a guardare la scena che si ripete per tutto il giorno, mentre loro devono dimostrare entusiasmo in ogni azione che compiono, chissà se sarà previsto dal contratto. 
Qui pare ci siano i bagni più puliti d’America e devo dire che offrono il disinfettante per la tavoletta, quello per le mani e alla fine mi trovo abbastanza a mio agio, per essere fuori casa. Assaggiamo le Beaver Nuggets, perché ne vendono a dosi industriali, sono dolci e non ci fanno impazzire. 
Facciamo carburante e mangiamo in auto come tutti gli altri. Il mio enorme panino è delizioso, sa di affumicato, un pizzico di dolce, la carne è tenerissima e si scioglie, riesco pure a finirlo. Il nostro hotel si chiama Decatur Hampton Inn and Suites. Entriamo un po’ stanchi e con le braccia sempre più piene di bagagli. 
Ma il mio beauty case, che per l’occasione è un morbido sacchetto rosa dell’Ikea, improvvisamente si mette a vibrare. La receptionist mi guarda sbalordita e io inizio a tastare l’involucro nella speranza di bloccare quel rumore equivoco. Presto la famiglia capisce cosa sta accadendo, ci mettiamo tutti a ridere, la signora al bancone è contrariata, io non riesco a spegnere il coso. 
La scena termina con il giovane che tira finalmente fuori dal sacchetto l’oggetto vibrante e lo esibisce, cercando di far capire a tutti che si tratta solo di uno spazzolino da denti e che la madre non usa aggeggi erotici in vacanza. 
Maestosa cena in camera con yogurt provvidenziali, panini del McDonald's e birre. 
Notare che il giovane ha 18 anni, in Italia sbevazza in santa pace, ma negli USA è vietatissimo, quindi gli passiamo una birra poco alcolica solo quando siamo tra noi, per non farlo sentire troppo solo e troppo giovane. 
In questa tappa abbiamo due camere, gran lusso! Sono ampie e ognuno di noi ottiene un lettone da una piazza e mezzo e una bottiglietta di acqua in omaggio. 
Se non ci sono le cimici dei letti, che pare spopolino negli USA, stanotte dormo da regina.