Helsinki




22-24 novembre 2011

Partiamo verso le otto, dopo aver accompagnato Federico al suo bus e Riccardo all'asilo. Direzione aeroporto di Nizza.
Dopo aver scovato il P8 andiamo diretti allo spogliarello, il rito surreale per convincere i poliziotti che non si è terroristi. Questa volta non mi dimentico l'acqua nella borsa e riesco a mettere ogni cosa metallica nelle vaschette. Passo dalla porta della verità e non suona nulla. Non capita mai. 
L'aereo è leggermente in ritardo e ci preoccupa la coincidenza a Zurigo. 
Mangiano un inquietante panino di plastica che ci offrono le hostess. Mi ricorda i vecchi tempi, quando i voli erano costosi ma venivi riverito. 
Riusciamo ad acchiappare al volo l'aereo successivo. 
A Zurigo c'è la nebbia e capiamo perché tutti amino la nostra zona, ovvero il paradiso. 
Dopo circa tre ore un po' stancanti, atterriamo a Helsinki. Nonostante siano le cinque di pomeriggio è già notte. 
Il tramonto è rosso fuoco, contro un cielo plumbeo. 
Prendiamo un taxi che ci sembra allunghi di proposito il tragitto. Paghiamo più di 40 euro e da lì inizia il salasso per ogni cosa. 
L'albergo è posizionato in centro ed è confortevole. Lasciamo i bagagli e ci avventuriamo per la città. 
Non fa particolarmente freddo, siamo bene equipaggiati. L'impressione è di passeggiare in una città sovietica: grandi palazzi imponenti e squadrati, piazze vuote con monumenti nel centro, poca gente in giro e nei locali. 
Solo vetrine di grandi firme e ristoranti squallidi e costosi. Siamo colpiti da una splendida vetrina natalizia in cui ogni personaggio si muove, tirato da sottili fili di nylon. 
Una pigna volteggia nell'aria, topini si nascondono nelle tane, l'albero di Natale ondeggia allegramente e si muovono anche le orecchie delle renne. 
Una pedana permette ai bambini di vedere questa magia da vicino e loro diventano parte della coreografia.
Giriamo parecchio alla ricerca di un posto dove cenare. Capitiamo in una piazza enorme con la grande chiesa bianca che fa da quinta. Un albero di Natale molto alto è rischiarato da centinaia di lucine che danzano nel vento rendendolo fatato. 
Finalmente Ro scova un fantastico ristorante tutto di legno e pieno di candele… il mio regno! Si ispira alle case dei taglialegna che hanno contribuito al progresso della Finlandia con il loro duro lavoro nelle foreste. 
Il cibo è buono, la musica di sottofondo allegra, la birra ci piace. I camerieri sono vestiti da taglialegna e uno è così ubriaco che inciampa dovunque. 
Assaggiamo il Gloog caldo nelle tazze di metallo: sa di cannella, chiodi di garofano e vaniglia. 
La lista dei dolci viene presentata su ceppi li legno. 
È uno spettacolino divertente, ci sentiamo turisti.
L'aria all'esterno non è tagliente come pensavamo.  
I tram attraversano la città lanciando urla da dinosauri che scuotono il silenzio e l'asfalto umido. 
L'atmosfera è sospesa, al porto le barche che fanno da bar sono chiuse e spente.
Una barchetta cozza contro le piccole onde nere accanto alla banchina. 
Qualche bicicletta con il fanale da ciclope sfreccia accanto silenziosa. C'è chi fa jogging nel buio.
Le strade centrali e ampie sono illuminate da luci natalizie non proprio speciali. 
Alberi scheletrici in attesa del gelo sono coperti da led che li impreziosiscono.
Andiamo in hotel stanchi e un po' storditi. A Helsinki vivono un'ora avanti rispetto a noi. 
Al mattino la colazione è ricca ma il mio stomaco chiuso chiede pietà. 
Facciamo una bella camminata attraverso la città mentre un debole chiarore sale all'orizzonte. 
Capiamo perché qui hanno quasi tutti la faccia triste e non vedano l'ora di distrarsi con qualche cosa di alcolico. C'è chi è già ubriaco alle nove di mattina e si appoggia agli stipiti dei portoni.
Arriviamo alla scuola alberghiera dove ci attendono tanti giovani in divisa da chef. Ci aiutano nell'allestimento dei nostri tavoli. 
Tiro fuori nostri contenitori in legno d'ulivo, con il loro colore marrone ondeggiante, che scaldano i prodotti liguri .
E così parliamo per ore in italiano e in inglese, scambiamo pensieri con sconosciuti, cerchiamo di conoscere le loro culture. 
Capire e imparare dagli altri arricchisce e fa stare bene. 
Alle sedici è già buio e i bambini del kindergarten lì vicino giocano imperterriti a zero gradi nel giardinetto, infilati nelle tutine colorate. 
Ci spiegano che qui i bimbi escono sempre per un'oretta per cambiare aria, solo quando il termometro scende sotto i meno dieci si ritiene opportuno tenerli al coperto. 
Usciamo che è notte, ci sembra di vivere in un paese notturno. La tristezza bussa alle nostre anime che cercano di tenere duro, ficcandosi nelle vetrine dei negozi addobbati per il Natale che verrà. 
Ne fotografo parecchie, danno il senso di questo popolo che vive in un crepuscolo freddo. 
Nel chiarore, al di là del vetro, si intuiscono il calore, luci, colori e forme in agguato. 
Sento il bisogno di tuffarmi lì, avvolgermi in una finta pelle d'orso e chiudere gli occhi.
L'uomo suona la tromba da due giorni, al solito posto.
Giriamo senza meta attratti dalle luci sfavillanti di Stockmann, il grande magazzino dove ogni cosa è acquistabile a prezzi altissimi. 
Qualche bella donna attraversa la nostra visuale. Gli uomini non sono degni di nota, ne vedo uno abbastanza carino ma con uno sguardo perso e triste.
Finiamo nel solito ristorante di legno. Non vedo l'ora di tornare a casa dai nostri bambini. 
Ogni negozio è una scusa per pensare a loro e trovare un regalino che possa piacere e faccia un po' perdonare la mostra lontananza.
Finalmente siamo in hotel, candeline accese dovunque. Per sconfiggere il freddo e il buio, in segno di benvenuto per gli ospiti.
È mattina, voglio partire! Tornare a casa nella luce e dai nostri bimbi! Evviva! Siamo già in taxi. 
All'aeroporto acquistiamo ancora qualche cosa per loro ed eccoci imbarcati.  Pronti per il nostro paradiso.

Foto GiBi