Storia fantastica dell'uomo nero


Ogni paese ha il suo uomo nero.
È un personaggio piccolo, insignificante, potrebbe essere l’uomo qualunque.
Ma il suo cervello ha un unico obiettivo: il Potere.
Sorride l’uomo nero, stringe le mani di tutti, va in giro con omini dotati di muscoli che lui non ha, in giacca, cravatta e occhiali scuri, seri e compunti.
Un giorno, finalmente, dopo aver fatto sforzi enormi per convincere i compaesani che lui e solo lui è il migliore, riesce a prendersi il Comune. In fondo gli appartiene. Nessuno fiata, anzi, sembrano tutti contenti. 
 Mettono un nuovo tappeto rosso, rendono più confortevole l’ufficio, ogni mattina una graziosa signorina, scelta in base alla sua avvenenza, porta il giornale e il caffè e sta a disposizione, sull’attenti.
Per scrivere le lettere e pensare alla burocrazia ci sarà pure qualche racchia, da qualche parte.
Poi passa all’ Ufficio del Commercio: il centro dell’economia. Dalla finestra si vede tutto il piccolo paese. Un posto ricco, silenzioso, disposto a farsi ricattare e a farsi fotografare col più forte.
Si accomoda sulla poltrona in pelle, fa cambiare la scrivania, sorride soddisfatto di sè.
La segretaria è graziosa e sorride pure lei. Il mondo è bello, lo capisce, gli sorride e si piega volentieri alle sue decisioni. Tutto è facile.
L’uomo nero mette nei punti chiave del potere persone a lui molto legate. Parenti stretti, amici, simpatizzanti.
Ogni ente conquistato, una bandierina conficcata nel suo cervello.
E la Provincia? Dopotutto il palazzo è antico e bello, ecco un’altra bandierina bell’e pronta.
Qui si sguazza alla grande, tanti posti di lavoro per gli amici e poi per gli amici degli amici, e per chi accomoda le sedie ai comizi.
E tutti zitti e sorridenti si inchinano ossequiosi.
Il paese pare sempre uguale, ma l’uomo nero lavora instancabile. Tesse la sua rete oscura e avvolge lentamente nella ragnatela ogni pezzo di terra, ogni famiglia, ogni ente. Mentre copre tutto di cemento racconta agli allocchi, come considera lui i suoi compaesani, che sta facendo cose mirabolanti, riempiendo la bocca di parole grosse come sviluppo, modernità, turismo.
Dorme poco, sveglia i sottoposti nel cuore della notte, non rispetta nessuno. Dice parolacce, è volgare, cattivo, indifferente e senza pietà ma va in chiesa alla domenica e viene regolarmente assolto con deferenza.
Ma non ci si deve far mancare anche altre zone di potere importanti, tutte pubbliche – private, suonano bene e i soldi girano con più leggerezza. Un sorriso qua una carezza là.
E la sua casetta? Mica si vorrà vivere in una baracca da uomo qualunque? Così partono i lavori, all’ombra delle alte piante, tutti sanno ma nessuno parla. La casa diventa una villa. E una moglie diventa una castellana. E la dinastia può andare avanti.
Il suo nome viene pronunciato con enfasi, chi può parlare di lui è un fortunato, toccato dalla buona sorte, dalla sua mano, dal suo sorriso. Finalmente con lui si può trovare un posto di lavoro, si può passare un esamino senza che i docenti facciano tante storie, ci si può concedere un piccolo abuso, senza che qualche funzionario se ne accorga.
E lui cresce, persino. Non è più piccolo, è alto e svetta su ogni altra persona.
Le bandierine nel cervello si conficcano ogni giorno di più e si moltiplicano: a volte fanno un po’ male, ma passerà.
Un giorno l’uomo nero si sveglia di notte di soprassalto. Ha un incubo. Qualcuno ha osato trovare a ridire sul suo operato. Accende la luce e chiama direttamente le forze dell’ordine, trova un amico che gentilmente gli fornisce informazioni sul dissidente.
Sorride ora più tranquillo. Nessuno è perfetto e chi è senza peccato, scagli la prima pietra…
Così si riaddormenta con un piano già delineato. Alla mattina si sveglia di ottimo umore, va nel suo nuovo ufficio in centro, ben visibile, arredato con elegante sobrietà. Fa qualche telefonata e si rende conto che gli manca ancora qualche cosa: gli organi di informazione.
E così, pieno di entusiasmo per la sua fantastica scoperta, parte alla carica e si prende pure quelli.
Il dissidente è un uomo finito, non potrà mai più accedere a posti pubblici, ad enti pubblici – privati, agli organi di stampa. Il dissidente “ce l’ha con lui”, come suole ripetere…
Tagliategli la testaaaaaaaa!!!!! E così sia.
Che bella la vita! E come si dorme bene.
L’uomo nero ora si annoia un po’. Ha tutto, possiede quasi ogni cittadino, i pochi, stupidi dissidenti sono stati messi a tacere.
E allora una mattina sale sulla torre della villa e guarda lontano, a sud. E gli viene un’altra idea geniale.
Si complimenta con se stesso per le grandi capacità che scopre di avere ogni giorno di più e riparte all’attacco. Grandissimi progetti, ampie vedute, chiudere entrambi gli occhi se qualche cosa non è proprio legale. Andare avanti, a ogni costo. 
Il Potere è bello e chiede pegni in cambio. Ma cosa saranno mai?
Ci vogliono fegato, scaltrezza, lucidità. È necessario essere pronti e brillanti, non come il branco di incapaci che deve dirigere ogni giorno, che sbagliano le mosse, che si distraggono, che si fanno beccare, che si fanno mettere incinti, che blaterano al telefono. È così faticoso stare dietro a tutti. Se solo capissero che grande uomo è veramente lui, quanto è più alto di loro, quanto vede oltre le piccolezze umane. Ma il popolo è somaro e forse un po’ lo è anche lui, così decide di comprarsi pure la laurea. Cosa sarà mai la cultura! Un pezzo di carta da appendere alla parete e sentirsi chiamare dottore, giustappunto.
E ora chi può stare al suo passo? Puntare ai poteri forti, alla Nazione, allearsi con chiunque, senza badare alle conseguenze. Accettare ogni compromesso, arrecare danno a gente per bene, ai cittadini, al paese. Ricoprire tutto di cemento raccontando che si stanno piantando rose.
Ma chi se ne importa? In fondo è per una buona causa, per un bene superiore.
Ora ha scordato quale fosse questo bene superiore, è confuso. Il Potere forse non è così bello, ha paura, fa mettere sotto controllo i telefoni dei potenziali nemici, ma ce ne sono ancora? Non dorme più. 
È costretto a demandare. Intuisce e teme che chi lo distruggerà potrebbe essere molto vicino a lui.
Sorride meno, il suo, più che un sorriso, diventa un ghigno, l’ansia lo divora, inizia a fare degli scivoloni, i suoi amici si diradano.
Una bella mattina di sole si sveglia ed è vecchio. Si domanda che significato abbiano le COSE che ha accumulato, il POTERE, le DONNE, i SOLDI, TANTO CEMENTO.
Durante la tormentata notte ha avuto un incubo: il cemento lo risucchiava, non respirava più. Ma la realtà non è migliore. 
È tornato piccolo, si accorge che non tutti si accalcano a stringergli la mano, i sorrisi diventano sfuggenti.
Nota nella sua casa piccole crepe che ogni giorno si insinuano silenziose. La Castellana ha i capelli bianchi, tinti di biondo patetico e il rossetto che sbava sulla bocca piena di rughe. 
E le sue amiche? Scomparse, tutte quelle belle donne pronte a qualunque cosa per lui, ma dove sono finite?
Forse è un incubo, forse si può svegliare e può rimettere tutto a posto, e quel dissidente? Gli pare che stia bene, domani si informerà, ma ci sarà ancora qualcuno a dargli le informazioni?
Magari poi lo chiama, si scusa, chiede perdono. Lui capirà, era una persona per bene, lui l'ha distrutto, ma sarà felice di ascoltare i motivi per cui l’ha fatto, c’era uno scopo superiore… cosa era?
Il Potere? Ha rovinato la sua città, che è sommersa dal cemento, è piena di debiti, ma in quegli sguardi cosa vede? Odio? Ma loro erano con lui, se lo ricorda bene, lo amavano, sorridevano.
Va in giardino, abbraccia una piastrella sottratta secoli prima alla comunità, le bandierine ormai hanno soffocato il suo cervello e muore così, senza versare una lacrima.

P.S.: Questo racconto è stato trovato in una soffitta, non è firmato, chi l’ha scovato sussurra che l’autore sia proprio il dissidente che pare non abbia mai reagito, ma si sia limitato ad aspettare sulla sponda del fiume. Nessuno saprà mai come sono andate veramente le cose. Dopotutto si tratta di una storia fantastica.

Foto GiBi