Paris: à la recherche du parisien perdu




Sabato
Arrostiscono le castagne in un carrello del supermercato, davanti ai magazzini Lafayette.
Parigi sembra colonizzata da tutto il mondo. Gente di ogni colore sfreccia tra le luci della sera. Una giapponese con un telefono gigante urla senza tregua.
Ma dove sono i parigini?
Il traffico è impressionante e tutti suonano il clacson. Ma siamo a Calcutta?
I taxi sembrano un bene prezioso e si fanno pregare.
Che fascino le vie, i palazzi, i portoni e certi negozi!
La stanza dell'hotel è piccolissima ma siamo in centro e alla sera ci possiamo concedere qualche ora, scorrazzando per le rues, le avenues, i boulevards.
Abbiamo già acquistato ad un euro una piccola Tour  Eiffel, all'angolo della strada, per il nostro bimbo. Prima della partenza ha voluto che suo papà glie ne stampasse un'immagine. Chissà in quale cartone l'ha vista.
Il nostro gruppo è formato da persone simpatiche: possiamo vantare un Re dello gnocco, un Imperatore del carciofo, un neo Direttore, un Vice, un Tecnologo dell'alimentazione e, ovviamente, il Signore del Pesto.
Sicuramente il capogruppo è l'Imperatore del carciofo: irresistibile il caffè che ci prepara ogni mattina con la moka elettrica dotata di un super kit per intenditori.
Con la sua moka calda, le tazzine  e un ricco armamentario offre agli amici la deliziosa bevanda preparata a regola d'arte.
Alla sera finiamo in un ristorante siciliano. Può capitare che nelle metropoli il cibo sia ancora più buono che in patria. E così è. Pasta con le sarde: insuperabile. L'ambiente accogliente, i proprietari parlano italiano, ma nella cucina a vista c’è pieno di personale straniero. Così va il mondo che è diventato di tutti, nonostante i divieti e i protezionismi.
Domenica
Ci svegliamo in una città deserta, avvolta in una nebbiolina grigia. E' domenica e tutti dormono.
Le strade sono lucide di pioggia e il silenzio le avvolge. Un gruppo di clochard si è accampato con cartoni, coperte, borsoni di plastica in ordine molto sparso.  Si stanno svegliando accanto ad una lattina di birra.
Non ci sono bar aperti, tutto appare soloitario.
I tassisti sono stranieri. Quello che ci scarrozzerà in fiera e ritorno è dello Sri Lanka.
Ho capito: in questi giorni dovrò andare a caccia del vero parigino.
La fiera di Parigi è come le altre. Solo i bagni sono troppo piccoli. C'è il mondo che si incontra. Il cibo unisce e divide, la sua provenienza si annusa alcuni metri prima di giungere allo stand prescelto. Gli aromi ti fanno strada e i colori confermano ciò che pregustavi un momento prima.
Assaggiare paesi lontani è divertente e faticoso. I piedi, dopo qualche ora, ululano, ma si tratta di occasioni uniche e quindi faccio finta di niente.
I cinesi mangiano con le bacchette, le signore musulmane portano il velo, gli indiani sanno solo loro cosa vendono e portano il turbante con spavalderia, in sud America cantano.
Le pietanze più rassicuranti sono quelle europee e, più ci si avvicina all'Italia, meglio è.
Assaggiare cose strane fa parte del gioco, ma una buona tartina al pesto ce la invidiano tutti.
Il nostro amico del taxi ci attende nel posto sbagliato ma alla fine ci troviamo tutti in coda  per rientrare in centro.
Propongo qualche itinerario a piedi per respirare l'aria di Parigi e andare a caccia di parigini ma sembrano tutti bolliti e non reagiscono.
Finiamo sul solito taxi che si fa attendere a lungo e ci porta agli  Elisée.
Mi aspetto negozi parigini ma incappo in una profumeria per arabi. Il commesso esce con boccette colorate da mille e una notte e spruzza tutti soavemente. Puzziamo come mastrolindo.
Fuggo e mi imbatto in un ristorante orientale con colonne nere e oro. I buttafuori due metri per due all'ingresso. Ma cosa butteranno fuori? 
E i parigini? E i negozi di Parigi? La vetrina di Louis Vuitton è parigina. Forse.
Arriviamo al fondo del viale e riusciamo ad intravvedere la Tour Eiffel. E' luminosa e il suo faro gira sopra Parigi.
Torniamo verso il ristorante che ci ha prenotato il portiere dell'hotel. E' un posto cafone, caro, brutto. Pazienza. E' il ristorante di un hotel a cinque stelle.  Neanche le belle cameriere sono di Parigi.
Il cibo però risulta essere molto buono e anche il vino. Quindi perdoniamo tutto... o quasi. Fuori dal locale c'è un'auto nera di Batman che spiega molte cose. Sogno un Haagen Dazs mangiato per strada alla buona.
Vorrei essere con i miei bambini. Ma sono nella Ville Lumière e non capita tutti i giorni. E poi non è facile avere un Pio (tutt'altro che pulcino) come capogruppo. Mi fa sbellicare dal ridere e tiene alto l'umore del gruppone che tende a scendere per la stanchezza e per i tassisti un po' acidi che ci maltrattano come se fossimo noi quelli che arrivano da lontano. E ci sgridano se non mettiamo in un battibaleno le cinture di sicurezza.
Si vede che il concetto di italiano all'estero è sceso proprio in basso.
Comunque, invece del sempre più misterioso parigino, scorgo una specie di risciò a pedali. E allora? Stiamo scherzando?
Va bè, domani è un altro giorno, ma io non mi chiamo Scarlett.
Spero domani sera  di non cedere al ristorante, alla compagnia divertente e al taxi sicuro ma di intrufolarmi nella vera Parigi a piedi, stanca morta dopo ore di fiera, ma coerente con la mia idea di viaggio, per scattare le mie foto storte e perdermi un po'.
Lunedì
Questa mattina ci sono le stelle. Facciamo colazione in un bistrot vicino all'hotel che ha la macchina per fare il cappuccino ed è un sollievo. Quello di ieri in fiera era imbevibile.
Peccato che la signora che fa le pulizie inondi il locale di varichina che mi rivolta lo stomaco.
Luci colori profumi e gente di passaggio. Il mondo non si ferma, assaggia, valuta, compra.
Alla sera decidiamo di fare un giro a piedi, prendendo al massimo qualche metro. Ci dirigiamo a Notre Dame. Quando arriviamo è buio e le foto vengono ugualmente. Telefoniamo ai bambini davanti a quella vista gloriosa. Suonano le campane. Intravvedo il Gobbo in cima che ci osserva, forse è solo un'ombra letteraria.
Guardiamo la Senna nera e il Bateaux Mouches. Vecchi bei ricordi.
Ci dirigiamo a piedi verso Saint Germain des Pres.
Scorgo una libreria chiusa. Mi metto a scattate foto. Sono tutti libri antichi! Scaffali alti, migliaia di parole arcane aprono un varco verso il mondo della magia dove, come dice mio figlio, il capo assoluto è Babbo Natale.
Devo darmi un tono e cerco di nascondere le mie esternazioni esaltate.
Ro mi trascina via prendendomi saldamente per un braccio ad ogni attraversamento, convinto che prima o poi mi farò investire.
La chiesa di Saint Germain viene presa d'assalto da giovani infervorati che ci meravigliano. La funzione sta per iniziare. Le alte volte gotiche e scure portano indietro nel tempo. Le mura sono antichissime e in effetti, come suggerisce il depliant, si respira qualche cosa di sacro e spirituale. Esco con fatica, certi luoghi mi incatenano. Individuiamo un bistrot con dehor. Nonostante sia la fine di ottobre fa un caldo estivo e ci appollaiamo fuori su due piccole sedie corredate da micro tavolino tondo.
I camerieri sono due giovanissimi simpatici e sorridenti.
Inizia ad insinuarsi in me una speranza. Ma non ho il coraggio di esternarla.
Ceniamo con birra buona ed un vassoio gigante di ottimi formaggi. Questa è Parigi. Chattiamo con nostro figlio e gli mandiamo le nostre foto. Sembra quasi di essere vicini, l'immediatezza del mezzo è stupefacente, meglio del telefono. Almeno per me.
Sorrido tutta beata guardando l'antica chiesa e sbaffando formaggi deliziosi.
Al termine della cena, dopo aver pagato il conto e aver lasciato una bella mancia, mi faccio coraggio e, con il mio francese orribile, come dice mio marito, chiedo al cameriere: tu est parisienne? la risposta è oui!
L'ho trovato! Ho trovato il parigino! Evviva! Gli spiego il motivo della domanda (si merita una spiegazione e contemporaneamente mio marito mi dà della solita pazza) e me ne vado vittoriosa verso la metro.
Quando affondo nelle tenebre vibranti della terra non posso fare a meno di pensare a Dylan Dog. I mostri ci sono veramente e fanno paura. Il peggiore si trascina fuori lasciando dietro di sè una scia insopportabile di puzza: se l'è fatta addosso! Non sto sognando. Ha le mutande calate e il sedile è tutto imbrattato! Ci lanciamo inorriditi verso un altro vagone. Guardo davanti e sono sicura che la prossima fermata sarà l'Inferno.
Invece scendiamo vicino all' hotel e, una volta risaliti, torniamo nella nostra dimensione.
Le persone diventano normali, spariscono i denti da vampiro, le dita ad artiglio, le corna e le code da diavolo.
Meglio così.
In camera esco un attimo sul terrazzino. Siamo al quinto piano, l'aria è tiepida e piacevole. Mi trovo tra i tetti di Parigi, la vista incantevole, compare pure la luce della Tour Eiffel che si fa strada nel cielo scuro. Nei bistrot di sotto la gente fa ancora chiasso. Andrò a scrivere un po', con questa atmosfera è facile.
Martedi
Iniziamo benone con il caffè di super Pio. E' una persona così accogliente e gentile, con tutto il calore e il buon umore dei popoli del sud. Sono colpita. Sa stare al mondo e si districa in ogni situazione con ironia e leggerezza che invidio.
Oggi il cielo è grigio e nebbioso o forse sono i vetri oscurati. Comunque fra un po' mi metterò gli occhiali da sole per attenuare l'impatto con la realtà.
Il rientro in hotel è un incubo.
Dopo ore in fiera tra confusione e faretti  bollenti.
Il traffico risulta quasi fermo per tutto il tragitto.
Meno male che abito in campagna tra gli ulivi.
E quelli che ogni giorno fanno questa vita? Non è giusto, fa sentire alienati e abbruttiti. Si può utilizzare questo tempo per ascoltare musica, pensare e programmare. Comunque per ora siamo in un gorgo di auto, stanchi e silenziosi. 
Si fa sera, sfumano le speranze di andare a fare shopping per i bambini.
Attraversiamo quartieri così poveri e degradati che neanche nei film si vedono.
Raggiungiamo l'hotel che è diventato un miraggio. Un cambio veloce e via, nella Galerie Lafayette.
Qui si trova ogni cosa. Tutto brilla di una bellezza irreale. Si diventa consumisti e si vorrebbe acquistare quasi tutto. Per fortuna è in chiusura. Dobbiamo affrettarci.
Troviamo un bel paio di pantaloni per nostro figlio maggiore ma non riusciamo a scovare nulla per il piccolo. Riproveremo domani.
Ci infogniamo nella metro. Oggi si vedono solo qualche fantasma, un ex uomo dai piedi gonfissimi, una persona senza arti inferiori che dondola su una sedia.
Tiriamo dritti più che possiamo, cercando di non ascoltare l'anima che strilla indignata.
Scendiamo a Trocadéro.
Ed eccola. In tutto il suo scintillio. La Tour Eiffel.
Così vicina che sembra di poterla toccare. E' enorme e continua a stupire ogni volta che si torna a guardare. Allora distolgo lo sguardo e mi giro di scatto. Lei si dona  maestosa e fiera della sua collocazione. Mi fa pensare ad una dama in pelliccia e gioielli, all'entrata del teatro, prima di un'opera lirica.
Dopo aver giocato un po' con lei tra foto e commenti, ci fermiamo a cena in un bistrot vista torre. Ci concediamo un Bordeaux.
Il rientro in metro è pacifico.
L'inferno può attendere.
Sul tetto davanti al nostro terrazzo vedo un abbaino da cui esce una luce verde fosforescente. Probabilmente dentro, ben nascosta, c'è la kryptonite. Non ho ancora visto Superman.
Mercoledì
Ci svegliamo con il "Piocaffè" e il suo buon umore.
Il nostro amico col taxi ci attende pazientemente, scopriamo che ha quattro figli. Oggi è festa e c'è un po' meno traffico.
Serata molto piacevole in una brasserie a Saint-Germain de Pres.  Cena di medio livello ma gruppone ricompattato e divertente. I tassisti vengono bocciati sia per la scarsa pulizia personale che per l'antipatia.
E' l'ultima sera e siamo felici di tornare dai nostri bambini. Abbiamo fatto spese per loro e per le mie amiche alla Galerie Lafayette. Lì è impossibile non trovare qualche cosa, meno male che non sono ammalata di shopping: le tentazioni sono grandissime!
Al ritorno in hotel passiamo per il Louvre tutto illuminato, vediamo Les Invalides e l'Opèra. Che fascino questa città che vive di fasti del passato. Purtroppo l'attualità è fatta da baraccopoli, schiere di poveracci, mendicanti, sporcizia.
Mi sembra che le cose siano ampiamente sfuggite di mano ai politici e che tornare indietro sarà molto difficile. Il degrado si respira ad ogni angolo, le persone provenienti da ogni parte del pianeta spesso hanno trovato uno stile di vita peggiore di quello precedente. I parigini scarseggiano e gli immigrati si arrabattano nei lavoro più umili, se va bene.
Tutto questo non mi piace, vedere una delle città più belle del mondo conciata così, imbottigliata dal traffico, sporca e accattona è un vero peccato.
Ultimo giorno - giovedì
In fiera si sente lo scotch scorrere, tutti impacchettano e fuggono. Aprono le porte agli arraffoni. Il nostro amico Superpio improvvisa un pranzo luculliano in uno stand dei gelati. Capocollo, tonno, delizie varie, vino rosso e cicchetto finale. E' una forza della natura e ha un'energia irrefrenabile. Lo stand, in nostra assenza, è stato preso d'assalto e non rimane più nulla.
Ci dirigiamo al Charles de Gaulle. Anche questa esperienza diventa un ricordo… Sono felice di aver portato a termine la mia missione e aver scovato un parigino DOC.  Non e' stato facile.
Dai nostri amici c'è già un salmone che ci aspetta… Per ora è meglio non pensarci. Dopo tutto questo cibo mangiato, guardato, annusato. Sogno un'insalata, ma durerà poco. 

Foto GiBi