Giovedì 25 aprile
Entusiasta. Ecco come mi sento dopo poche ore trascorse a Roma.
Ogni volta che torno ritrovo quel senso di gioia e vitalità che solo lei sa dare.
In realtà io amo il silenzio, il bosco, il nord e le casette con i tetti di paglia. Ma qui si scatena qualche misteriosa alchimia e mi sento parte delle vecchie pietre vissute che fanno capolino da ogni angolo.
È stupefacente vedere marmi, intarsi, affreschi, stare appesi, incollati e aggrappati imperterriti a muri che nel tempo hanno preso altre vie.
Dopo un bel viaggio in aereo da Nizza - è assurdo trovare tariffe migliori tra Francia e Italia che su una tratta nazionale, e questo la dice lunga sul nostro modo di fare turismo - arriviamo con il treno da Fiumicino a Termini.
L'hotel è a due passi e subito viene dipanato il mistero: abbiamo prenotato tramite un famoso sito on line chiedendo quattro posti, non riuscendo a concludere la prenotazione per quattro, avevo deciso di telefonare. Un simpatico romano mi ha rassicurata dicendo di procedere con la prenotazione per tre. Poi ci avrebbe pensato lui a sistematici per il meglio. E infatti: "magicabula" eccoci in una bella stanza con i nostri letti, un bagno gigante e pure la stanza - armadio. Ci sentiamo in dovere di dare una mancia. Siamo a Roma e sicuramente funziona così, per la gioia di tutti.
Pensiamo di prendere il bus H che arriva a Trastevere, in modo da far entrare immediatamente i bambini nell'atmosfera turistico - romana. Mi pento subito sia per l'attesa che per la massa di gente che ci schiaccia, la puzza, il caldo. Mi sento male e guardo verso un piccolo finestrino aperto come se fosse la mia salvezza. Bene o male arriviamo a destinazione. C'è un grande movimento, bancarelle, allegria, turisti che scrutano mappe girate per ogni verso. Una si fa guidare come un automa dal tablet.
Troviamo il posto suggeritoci in hotel per cenare. Si chiama "Ai marmi". Infatti tutti i tavolini sono blocchi di marmo bianco. Un grande bancone ospita i pizzaioli che in una danza illuminata dal forno a legna preparano con grande maestria pizze e calzoni dall'aria invitante. Io scelgo il supplì e le olive ascolane ma fotografo un enorme carciofo ripieno che ordina il nostro socievole vicino di tavolo. Usciamo felici e ci addentriamo nel cuore di Trastevere: tutto è bello. Ogni angolo, ogni chiesa, il fiume, le luci. Fotografiamo con entusiasmo anche se è buio.
Vicolo del cinque, trattoria Rugantino via della Scala, villa Farnesina, piazza di Sant’ Egidio, piazza di Sant'Apollonia, via della Lungaretta. I locali con i fiaschi coperti con la cera colorata delle candele, le luci soffuse, i piatti fumanti di spaghetti all'amatriciana. Vedo delle lucine verdi che si intrufolano nei miei passi. Sono l'ultima diavoleria dei venditori di strada.
Fuori da un locale Ro adocchia un cartello: "We are against war and tourist menu"... Un capolavoro.
Ci sorpassa speditamente un personaggio che, camminando, fa suonare decine di campanellini. Ha una grande chioma candida che fluttua sotto la sua falcata svelta. Un lungo strumento lo accompagna. Poco dopo lo troviamo nel mezzo di un concerto pazzo fatto di suoni antichi e strani rumori che produce con la bocca. Che fascino! Mi piazzerei lì per un paio d'ore. Riccardo si mette a ballare e due turisti un po' brilli si scatenano in una danza frenetica. Lascio qualche moneta perché è riuscito a regalarmi belle emozioni con i suoi suoni ancestrali. Alcuni venditori mettono su banchetti improvvisati con tre scatoloni su cui srotolano lenzuola piene di foulard. Ce ne sono molti e vendono tutti la stessa merce. Ma a chi? Nessuno acquista. Ad un certo punto un misterioso segnale li spaventa e in pochi secondi smontano i banchetti per fuggire con la mercanzia buttata in grossi sacchi. In un attimo sembra che non siano mai esistiti. Forse ho avuto un abbaglio.
Dopo esserci aggirati e rosolati nella folla dei vicoli, decidiamo di prendere un sano taxi per il rientro in hotel. Alla guida un simpatico romano che, con il suo forte accento "de Roma", ci spiega la desolazione per la mancanza di rispetto verso la città più bella del mondo. Ci racconta di un orologio che funziona ad acqua, rarissimo, nascosto in un cortile di un palazzo qualunque, ovviamente ignorato e guardato come i cittadini di questa città guardano le loro meraviglie: con noncuranza, ormai assuefatti a tanta straripante bellezza. Una bellezza antica, mai più raggiunta in nessun luogo del mondo e costantemente depredata e vituperata dall'ignoranza e dal qualunquismo.
Suggerisce di non far girare come trottole i bambini perché è importante per loro vivere la città con calma, visitare poche cose con interesse e non ubriacarli con mille input che sortirebbero un effetto negativo. Saggio questo tassista.
Ci raccomanda di tornare in aeroporto con un taxi ufficiale a tariffa trasparente. Gli auguriamo buona notte ringraziandolo per il piacevole viaggio ed il costo onesto. Ora doccia nel nostro bellissimo hotel e sonno ristoratore. Domani la mia macchina fotografica e i miei piedi avranno il loro bel da fare!
Venerdì 26 aprile
Ormai dirigo il traffico nella camera dell'albergo come un vigile provetto. Ci prepariamo in modo decente in breve tempo e usciamo con il sole in direzione Metro Cavour. Scendiamo dopo una sola fermata per visitare San Pietro in vincoli. La statua del possente Mosè piace a tutti.
Ci dirigiamo al Colosseo, la meta più ambita dai bambini. Qui la coda è infinita e andiamo a cercare un pass speciale che dovrebbe dare diritto ad un'entrata veloce, a girare gratis sui mezzi pubblici e altre amenità. Scopriamo che è solo per adulti, quindi o lo acquistano anche i bambini a prezzo pieno o noi saltiamo le code e loro no... Stranezze e labirinti tutti italiani.
Scorgo la casa del signor "a mia insaputa": bella figura facciamo noi liguri. Sorrido con un po' di amarezza.
Inizia a piovigginare ma senza convinzione. Visitiamo la Chiesa di San Cosma e Damiano con il suo strano mosaico in stile bizantino.
Due sposi giapponesi si stringono per le foto. L'abito bianco è tutto sporco, la folla li circonda, i fotografi consigliano pose improbabili.
Guardiamo dall'alto i Fori perché anche in questo caso la coda è inaffrontabile. Pare che tutto il mondo si sia dato appuntamento a Roma. La calca è immensa e si cammina tra ombrelli aperti e chiusi, venditori che sembrano minacciarti con mantelle di plastica, suore, preti e gruppi rotolanti su marchingegni a due ruote.
Riccardo chiede a gran voce di prendere la Metro, Federico scarica mappe sul telefono, Romeo tiene a bada tutti e io fotografo con la Canon e con l'iPhone per inviare foto ad amici e parenti affinché ci siano vicino.
Ro scorge una invitante Enoteca provinciale romana. Dopo una breve attesa affrontiamo piatti ben curati e molto gustosi, accompagnati da una bella birra.
Riteniamo doveroso vedere Palazzo Chigi e Montecitorio, approfittando dell'occasione per far sapere ai bambini qualche cosa di politica. C'è pieno di forze dell'ordine a presidiare i nostri simpatici politici. Giornalisti e telecamere sono appostati ad ogni angolo. Mi vengono i nervi. Questi vengono trattati da star mentre dovrebbero essere umili servitori dello Stato. Ma di cosa hanno paura? Forse hanno ragione ad avere paura, dopotutto. Un solerte agente ci fa alzare da uno scalino su cui ci siamo seduti. È nei pressi dell'entrata del Palazzo, e se fossimo terroristi? Mi domando: questo non è suolo pubblico? Mi trattengo e vado via parecchio contrariata.
Percorriamo via del Corso che è lunga. Incrociamo lo store della Ferrari: un volante in vetrina costa 2600 euro. Mi immagino qualche fanatico che lo posiziona nel centro del salotto per farlo adorare dagli ospiti, come se fosse un quadro d'autore.
Raggiungiamo Piazza del Popolo. È molto grande e luminosa. Ci infiliamo nella Metro per la gioia di Riccardo e scendiamo in Piazza di Spagna. Qui Federico vuole vedere i negozi di via Condotti. Noi inorridiamo, ma certe vetrine sono effettivamente meravigliose.
Ci accasciamo accanto ad un'aiuola e improvvisamente ci troviamo tutti senza forze. Rimaniamo in silenzio a guardare le scarpe che passano. C'è chi osa tacchi a spillo ma si vede che fa fatica.
La scalinata di Trinità dei Monti è variopinta e piena di fiori. Noi la guardiamo un po' intontiti.
Finalmente ci decidiamo a ripartire e si va al Quirinale. Non possiamo non imitare Crozza che imita Napolitano "con viva e vibbbrante soddisfasssione".
Scendiamo alla Fontana di Trevi: centinaia di macchine fotografiche si accaniscono sul monumento. Un bambino si arrampica sulle rocce, una vigilessa fischia come una locomotiva per farlo scendere. Lancio la mia monetina con desiderio incastonato.
Riccardo trova un "meraviglioso-mai-più-senza" Colosseo in miniatura da un euro.
Acciuffiamo un taxi per scaraventarci sul letto in albergo. Dopo un sano riposino e un'approfondita consultazione dell'Alfredo alla reception, rivoliamo in taxi verso Campo dei Fiori. Qui ci attende il magnifico Giordano Bruno che dall'alto ci guarda severo sotto al suo scuro cappuccio. Per noi è simbolo di libertà e verità, per qualcun altro un eretico e quindi dato alle fiamme, proprio in questo luogo. Al liceo quanto abbiamo discusso sulla sua filosofia. Come ci piaceva!
Ceniamo in un ristorante con vista statua: "Carbonara". Ma io assaggio i bucatini all'amatriciana.
In pochi passi arriviamo a piazza Navona. È sera, le luci illuminano le statue del Bernini. L'acqua delle fontane è chiara e azzurrina. Federico legge un po' la guida turistica e rinfreschiamo le informazioni.
I venditori di strada sono talmente insistenti che persino Riccardo dice di non voler più comprare le lucine. Dopo un gelatino e l'appostamento ad una vetrina di draghi, gnomi e bambole fatali riprendiamo il taxi, diretti verso la nostra doccia quotidiana.
Sabato 27 aprile
Dopo la colazione luculliana ci avventuriamo in fila per il "babbeo - bus" così soprannominato da Ro, in quanto cosa da turisti un po' incapaci oppure da famiglie con figli sfiniti a carico. Ci colleghiamo con le cuffiette, speranzosi di apprendere nuove nozioni. Compare la vocetta di una romana. Oltre all'accento marcatissimo, al limite della comprensione, lei inventa beatamente le parole. E allora Prosèrpina diventa Proserpìna; la spada nel fodero diventa nel fodèro, l'arteria urbana diventa l'arterìa, il Conclave diventa il Cònclave e così via in un susseguirsi di orrori ed errori che, con mio stupore, non fanno insorgere il popolo degli italiani. Come sarà? Non trattandosi di nomi di calciatori probabilmente gli svarioni non li fanno sobbalzare.
I testi sono di una banalità esasperante ma almeno vediamo i meravigliosi monumenti dall'alto, senza fare fatica.
La piazza di San Pietro è talmente gremita che la cancelliamo dal nostro itinerario, per nulla intenzionati a divenire parte integrante di quel mondo di sardine variopinte.
Giungiamo nei pressi di via Veneto e abbandoniamo senza rimpianti il "babbeo - bus".
A piedi raggiungiamo villa Borghese commettendo un errore fatale: Federico adocchia l'"Hard Rock Café" e ci fa capire che prima o poi dovremo andarci... Visto che a Londra ce lo siamo evitati. Il Parco di villa Borghese ci accoglie con una bella cascata di pollini. Starnutiamo a ripetizione, gli occhi bruciano, la gola raschia ma nulla ci ferma e da indomiti turisti saliamo entusiasti sul trenino che ci farà visitare il parco in pochi minuti e senza sforzi. Alla guida un Giorgio Gaber antipatico. L'alto parlante, invece di trasmettere informazioni sul parco, ci fa ascoltare commenti sulle partite e musiche dei Pooh e ... Dietro di noi un simpatico gitante si prodiga in esegesi dei cantanti italiani da Riccardo Fogli a Loredana Bertè, fino a spiegare che gli occhiali di Elton John battuti all'asta per cifre esorbitanti costano cari non in quanto occhiali, ma come oggetto appartenuto alla pop star. Se non lo avesse spiegato a gran voce nessuno se lo sarebbe mai immaginato.
Intanto i marchingegni su due ruote sfrecciano e Federico continua a lagnarsi perché sostiene che quello è il mezzo di locomozione più cool e non quel trenino da babbei per genitori "anziani".
L'interno di villa Borghese non si può visitare perché è prenotato per giorni. Siamo veramente dispiaciuti e ce ne andiamo, felici di allontanarci dai pollini killer.
L' "Hard Rock Café" ci attende terrificante in tutta la sua magnificenza. Entriamo in una folla straripante e scopriamo ben presto che l'attesa per quel cibo da pub inglese sarebbe di quasi due ore. Io scatto una foto al cappottino minuscolo di Bijork che mi intenerisce. Guardo sognante lo spolverino di John Lennon, le foto dei Doors, questo posto inizia a piacermi, la musica anni '80 pervade anche il bagno. Ci rimettiamo in coda per la maglietta di Federico. Sceglie la più cara e per tutto il giorno sfoggerà il suo sacchetto marchiato, oggetto di occhiate desiderose e richieste di localizzazione di numerose mamme in cerca del famoso café.
Passiamo da Palazzo Gabrielli nel rione Colonna e riesco a sbirciare nel portone aperto per caso: compare un giardino da favola per un solo secondo. La porta sbatte e il miraggio svanisce.
Raggiungiamo un cinema denominato: "Time elevator". A quanto pare i bambini non possono fare a meno di vedere la nascita della vita e la storia di Roma in 20 minuti in tre D. Io mi rannicchio su una panca e Ro li accompagna. Escono bagnati leggermente e imbambolati dai sedili semoventi, in grado di contribuire alla sensazione di realtà. Felice di essermelo perso usciamo in una bufera di vento e pioggia. I taxi sembrano improvvisamente tutti occupati e mi assale una lieve disperazione. L'ombrello si gira al contrario, mi viene mal di gola e il rilassamento dato dalla lettura di Herriot nello Yorkshire con praterie, mucche e caprette, durante l'attesa del film, si dissolve.
In hotel mi sdraio e cado in un dormiveglia ristoratore, mentre i bambini giocano e leggono in un grande caos.
Un po' ripresi usciamo con un cielo ristabilito verso il bello e finiamo in un ristorante mediocre suggerito in hotel. Torniamo a vedere la fontana di Trevi di notte che è nelle vicinanze e ci abbracciamo lanciando un'altra monetina. Dopo varie ricerche troviamo una maglietta con "er Colosseo" Made in China, venduta da personaggi che arrivano da lontano... ma va bene tutto. Un taxi ci riporta in hotel. Scopro che a Roma ci sono ben 8.500 taxi ufficiali. Un bel numero! E i tassisti sono simpatici e dotati di grande buon senso.
Preparo i bagagli, domani si riparte, Ro cerca qualche cosa da vedere in mattinata, un museo o qualche monumento, certo è che abbiamo viaggiato parecchio in questi pochi giorni.
Domenica 28 aprile
La prima tappa della giornata è San Clemente, vicino al Colosseo. Io e Ro abbiamo un bellissimo ricordo di questa chiesa. La nostra visita era stata intensa di emozioni e avevamo vissuto un'esperienza che è rimasta viva nel ricordo. Ora siamo di nuovo qui, con i nostri bambini che all'epoca non esistevano. Lo spazio e il tempo si toccano e provo belle sensazioni, vivendo il momento con intensità.
È costruita su un'antica Basilica del IV secolo, che a sua volta poggia le fondamenta su un tempio pagano del primo secolo. Immagino generazioni di persone che lì hanno sempre pregato, si sono raccolte per mettere in comunicazione le loro anime con il Dio o gli Dei in cui credevano. Quanta spiritualità si respira in mezzo alle antiche pietre che sonnecchiano, ricche di saggezza. Aspettiamo in coda l'apertura dei sotterranei. Un bel prete dalla carnagione chiarissima e un po' cicciotto parla amabilmente con un turista in inglese. Mi meraviglio di trovare uno straniero in questa chiesa. Presto scopro che qui vivono i Domenicani irlandesi, sfuggiti alle persecuzioni alla chiesa cattolica nel '600. Loro si occupano della gestione della Basilica e degli scavi che, notiamo, negli anni sono andati avanti e il percorso sotterraneo è diventato ancora più affascinante.
Bravi questi irlandesi. Per me sono irresistibili. Me li immagino, alla sera, riuniti intorno al desco, dopo una giornata di lavoro e preghiere, mentre cenano, felici di gustare cibo italiano. Davanti al piatto spero abbiano una bella Guinness, per ricordare la loro Irlanda verde, brumosa, con le pecore dal vello marchiato con tanti colori, come le loro casette, il pub, le spiagge e l'oceano. Sento uno scrosciare di acque, torno al presente e trovo un corso d'acqua che attraversa la parte più antica. Il suo rumore rende tutto piacevole ed arcaico.
Usciamo dalle viscere della terra per ammirare il mosaico della chiesa superiore, davvero impressionante ed imponente.
Salutiamo questo luogo che ancora una volta si è rivelato magico e ci avviamo per la visita di San Giovanni in Laterano.
Anche qui non mancano gli effetti speciali. Fuori dalla grandiosa chiesa stanno allestendo il palco per la festa del primo maggio. È una struttura enorme e decine di operai si danno da fare.
Le visite sono finite, mentre cerchiamo un taxi sentiamo decine di sirene e vediamo auto con lampeggiante sfrecciare per ogni dove. Amici e parenti iniziano a mandare messaggi per assicurarsi che noi stiamo bene perché, veniamo a sapere, c'è stato un attentato fuori da palazzo Chigi.
Capiamo perché il traffico è impazzito e perché non si trovano taxi. Telefoniamo a un tassista che ci aveva lasciato il numero. Dice che hanno chiuso molte strade e non può raggiungerci. Decidiamo di tornare in hotel a piedi per recuperare i bagagli e poi decidere come raggiungere l'aeroporto. Un po' preoccupati perché il tempo passa velocemente, alla fine chiediamo consiglio al buon Alfredo che in pochi minuti fa comparire un bel macchinone con autista che ci porta amabilmente in aeroporto alla stessa tariffa dei taxi. A me spiace non utilizzare i taxi ufficiali, ma dopo aver trascorso quasi due ore a cercarne uno sia al telefono che per la strada, mi sento pienamente autorizzata ad utilizzare il "piano B", molto efficace.
In aeroporto litigo con una responsabile della compagnia aerea la quale sostiene che il mio bagaglio a mano non esce perfettamente dalla struttura apposita per misuralo. All'andata nessuno si è preoccupato del mio trolley che in realtà entra ed esce benissimo. Così mi imbufalisco e la mando a quel paese sotto gli occhi allibiti della mia famiglia. Non ho alcuna intenzione di spendere altri soldi e di perdere tempo con un bagaglio in stiva da recuperare al termine del viaggio. Così vado al controllo ignorando i suoi odiosi consigli e mi imbarco senza alcun problema. Ovviamente all'arrivo la compagnia aerea riceverà la mia lamentela. Perché stare zitti si fa prima, ma se tutti noi italiani iniziassimo a protestare veramente per le cose che non funzionano, magari un po' si cambierebbe.
Ci tengo molto alla correttezza e non riesco proprio a non fare le mie ragioni.
In volo ci rilassiamo e ci godiamo l'ora di tranquillità.
È stato meraviglioso trascorrere questi pochi giorni noi quattro insieme, girando in po' a caso per questa città da favola, piena di sorprese e di vita. Il viaggio è crescita e siamo tutti più "grandi".
Foto GiBi