La Tucksja - racconto in venti righe



— Per venerdì: Carla, Elena, Ale e Lele, fate una ricerca sull’economia della Nuova Guin… no, Nuova Zelanda. Scrivete almeno… almeno sei pagine.
Il giovane insegnante arrossì e si aggiustò il colletto della camicia che sembrava volesse azzannarlo. I magnifici quattro si incontrarono in biblioteca il pomeriggio stesso e si misero al lavoro tra sbadigli e battute.
— Idea! Lele si alzò di scatto, la sedia fece un verso che rimbombò nella stanza, la signora col giornale aperto si girò con gli occhi a fessura, l’anziano che brandiva la lente d’ingrandimento come una feroce bacchetta inarcò le sopracciglia, la secchiona brufolosa al tavolo vicino: — Schh! Con la voce più bassa che poteva Lele spiegò il suo piano: — State a sentire, il supplente non sa un caxxo, invece di spiegare, legge il libro. E allora noi gli prepariamo uno scherzo. Le teste dei compagni si avvicinarono al centro del tavolo.
Ale riuscì a scrivere una relazione abbastanza credibile di sei pagine, dimensione del carattere: sedici pt, per allungarle il più possibile.
Venerdì toccò a Carla leggere ad alta voce la ricerca, e senza ridere.
— Bla… bla… i prodotti della Nuova Zelanda sono molto importanti per il sostentamento della popolazione, tra questi annoveriamo: le mele, i kiwi e la tucksja.
Come da accordi, un compagno, al di fuori del gruppo, fece scattare la mano in alto: — Prof cos’è la tucksja?
Il professore liberò il primo bottone della camicia che diventava ogni giorno più aggressiva sulla sua gola. Il pomo d’Adamo, sporgente e ricoperto da peli disubbidienti, andò su e giù: — Ehh la tu… tucsia, è, esattamente, vediamo, un famoso frutto che, come tutti sanno, è coltivato in Nuova Zelanda e poi esportato nel mondo.
Qualche secondo di silenzio, una piccola goccia di sudore scese dalla fronte verso il collo del prof e l’intera classe scoppiò in un fragore di risate.
Infatti tutti sanno, tranne il prof, e forse un certo Luka, che la tucksja non esiste.

#sese20righe_tucksja
Immagine creata con AI