La rete


Questo racconto, tratto da una storia vera, ha vinto il contest: #sese20righe_rete su FB.
Come gradito premio ho ottenuto un editing
da Marcella Garau che ringrazio.


Non so per quanto tempo ancora potrò essere Peter.
Pronunciate Peter con la “e”, per favore, sono berlinese.
Come può essere bello un pezzo di ferro arrugginito, appena dipinto.
E come farò a dire a mia madre cosa ho combinato? Lei è di là, nella DDR, in fila fuori dal negozio, per comprare farina, latte, zucchero, col timore di controlli insensati. Nei suoi occhi non va più via l’angoscia di quella notte, proprio un anno fa, quando hanno diviso a metà la nostra casa e io e la mamma ci siamo trovati a est, trattenuti con la forza. Mio padre invece è rimasto a ovest, era al lavoro. Spero che il mio biglietto gli sia arrivato. Vorrei solo raggiungere Checkpoint Charlie, dove gli ho dato l’appuntamento, e dare un’ultima carezza alla sua faccia preoccupata.
Io però non posso muovermi, perché mi trovo nella terra di mezzo, in un abbraccio definitivo con il filo spinato. Sono caduto all’indietro, mentre cercavo di arrampicarmi sul muro. Ho sentito uno schiocco e un dolore inspiegabile al bacino. La volontà non ha più retto e si è spezzata insieme alle mie ossa, perché mi hanno sparato.
Ora non soffro più, ma riesco a pensare e, forse, posso ancora essere Peter per qualche altro minuto, per raccontare che è il mio sangue che sta pitturando la rete di filo spinato, con un magnifico rosso. Da qui vedo piccoli rombi di cielo, oggi è del più bell’azzurro che io mi ricordi. Mi spiace proprio lasciarlo e abbandonare questa terra che mi è rimasta sotto le unghie.
Ho appena compiuto diciotto anni in questo assurdo 1962 e ora mi trovo, insieme al crudele sole d’agosto, nella striscia della morte, così la chiamano, dove chi vuole scappare può vivere o morire. Basta un piccolo scarto del destino e la vita diventa vita, oppure diventa morte.
A me è andata male. Dalla torretta, al di là del muro, spunta una macchina fotografica che sospende la mia fine in un misero scatto. Sono ancora Peter, ancora per poco, voi non potete sentire i miei pensieri, ma, per favore, ricordatevi della mia morte. Anche se gli anni passeranno, anche se la rete e il muro cadranno.
Di me rimarrà questa foto che dice: sono Peter Fechter, un giovane che voleva la Libertà e ha solo un’ora per morire.

Foto dal web