Elizabeth Finch - recensione del romanzo di Julian Barnes

Questo è un libro in cui, fin dalle prime pagine, si viene rapiti dalla raffinatezza dello scrittore.
Anche se, confesso, non l’ho apprezzato interamente. Forse perché l'ottima scrittura dei primi capitoli mi ha portata ad avere alte aspettative.
Julian Barnes, nel suo romanzo intitolato Elizabeth Finch, racconta la storia di un’insegnante universitaria che tiene un corso di Cultura e Società ad alunni già adulti, desiderosi di approfondire certe materie umanistiche.
Il punto di vista è quello di un suo alunno, Neil, nella vita un inconcludente, con matrimoni falliti e figli che non vivono con lui.
Per lui la docente emana un fascino intellettuale unico e, con le sue lezioni anticonformiste, gli fa venire il desiderio di conoscerla meglio.
Neil, una volta terminato il corso, la invita a pranzo, e mantiene questa abitudine negli anni, fino alla morte della sua professoressa.
Il rapporto rimane sostanzialmente statico, gli incontri sembrano avvenire su un piano amichevole, di scambio di vedute sulla vita.
Ma chi è veramente EF, come la chiama lui?
Una donna intelligente, sobria, determinata, carismatica e sicura di sé, in grado di tenere attento l’uditorio della sua classe con scambi di punti di vista e ragionamenti inconsueti.
I suoi pensieri sono illuminanti, le frasi taglienti rimangono scolpite nella mente di Neil che desidera rimanere in contatto con lei, quasi per trarre saggezza e verità da questa donna affascinante e un po’ misteriosa.
Alla sua morte Neil intavola un rapporto con il fratello di lei, Chris, che gli consegna l’intera biblioteca e le carte, secondo la volontà di EF, espressa nel testamento.
Neil, incredulo di fronte a una tale fonte di informazioni sulla vita dell’insegnante, si mette subito al lavoro, forse alla ricerca dell’effimero che lei emanava, forse alla ricerca di verità nascoste. Presto si imbatte su una serie di appunti, carte, diari, in particolare sull’ultimo imperatore pagano, Giuliano l’Apostata, Flavius Claudius Julianus, bollato dalla storia come anticristo.
E così scopre che la sua insegnante aveva cercato di scrivere un saggio su questo imperatore, un saggio incompiuto che non le ha portato nulla di buono e che lui è quindi determinato a terminare, in un raro slancio verso la compiutezza.
Il parallelo tra l’incapacità di bloccare l’avanzata della religione Cristiana a favore del politeismo da parte di Giuliano e il tentativo fallito di EF di divulgare il suo pensiero, simile a quello dell’imperatore, crea un corto circuito in cui il lettore si ritrova a leggere un saggio all’interno del romanzo. Il saggio che Neil vuole portare a termine per onorare la sua mentore.
Il cuore del romanzo quindi è un saggio che io ho trovato eccessivamente lungo e di scarso interesse, anche perché i concetti potevano essere espressi con molte meno parole, a vantaggio della figura di EF, che è certamente il personaggio meglio riuscito.
Il racconto sulla vita e sulle frasi lapidarie di EF, molto interessanti e acute, a mio parere si interrompe per troppe pagine, tant’è che mi sono domandata più volte dove lo scrittore volesse andare a parare.
Al termine del lungo excursus storico l’autore / Neil si domanda se EF gli abbia lasciato i suoi appunti affidandosi al caso, senza una vera intenzione di fargli ricostruire il suo saggio, o se in realtà abbia voluto abbandonare dietro di sé delle piste sulla sua vita misteriosa.
E così decide di fare anche lui, in un gioco con il lettore, affermando che il suo lavoro di ricostruzione della vita di EF e del saggio su Giuliano, lo lascerà anche lui in un cassetto, alla mercé di qualche figlio, mentre nella realtà il romanzo / saggio si trova tra le mani di chi lo sta leggendo. Lo stratagemma del libro nel libro per me è sempre accattivante e adoro il gioco di specchi con il lettore.
Per me è un libro fatto di molte domande poste con grazia e arguzia e di risposte aperte, un libro non scontato che mette in moto il cervello di chi legge, il quale, ci scommetto, sottolineerà molte frasi e tornerà a rileggerle. Io l’ho fatto.