Il nostro Uber ci porta in un punto panoramico di Santa Monica, da cui si vedono il molo, le attrazioni, la spiaggia.
È già sera, la temperatura è perfetta e le luci fanno emergere piccoli dettagli, sembra tutto allegro e meraviglioso.
Scendiamo verso il Pacifico pieni di curiosità. Lungo la strada incontriamo dei bidoncini rossi su cui c’è scritto Coco, capiamo che si tratta di robot per il delivery, vanno da soli, hanno un’antenna sulla parte superiore e le ruote, l’effetto è sorprendente. Vi piacerebbe ricevere una pizza in questo modo?
Per prima cosa facciamo un giro sul molo. Qui è posteggiata un’auto della polizia un po’ particolare: sul tetto ha un surf, pronto per l’agente nel caso in cui dovesse attivarsi tra le onde dell’Oceano.
Ed ecco l’Oceano scuro, misterioso, con lunghe onde. Scendiamo sulla spiaggia, sento un richiamo fortissimo verso la riva. Mio marito mi esorta a stare lontano per non bagnarmi le scarpe. Io disubbidisco, mi sembra di essere tornata bambina, quando la nonna non mi faceva avvicinare al sicuro bagnasciuga di Rimini.
E allora vado a toccarlo questo Oceano, finalmente ci conosciamo. Lo abbraccio con lo sguardo, voglio stare da sola con lui, il Pacifico, anche se per pochi secondi. Inspiro la salsedine, sorrido, la felicità fatta di niente. Lascio l’impronta della mia sneaker sulla sabbia per suggellare la nostra amicizia, e la fotografo.
Alcuni artisti fanno i ritratti delle persone, illuminati da potenti faretti, sotto a ombrelloni colorati.
Scrolliamo la sabbia dalle scarpe, andiamo a esplorare il Luna Park, quante volte lo abbiamo visto nei film, e, a proposito di film, ecco il luogo dove Billy Bob Thornton (ve lo ricordate in Babbo Bastardo? Uno dei miei film preferiti) andava a meditare nella bellissima serie Goliath, gustata poco tempo fa. Ci immergiamo in quelle atmosfere e riviviamo alcune scene che ci erano piaciute.
Qui ogni cosa ha il sapore del déjà vu e per questo stiamo bene, siamo a nostro agio, tra persone serene, niente fa pensare al pericolo che spesso si respira nelle città.
Un banchetto di Alejandro promette freschezza e frutta deliziosa, da alcuni locali escono profumini invitanti. Ci avviciniamo al mitico Bubba Gump, c’è la coda, prenotiamo per la cena e continuiamo il nostro giro esplorativo.
Un cartello ci informa che proprio qui termina la mitica Route 66, non lo sapevo e mi sembra una cosa bella e giusta. Mi fermo a fotografarlo e a salutarlo, chissà quante persone hanno fatto le mie stesse azioni in questo punto. Mi sento parte del mondo.
Torniamo presto al ristorante, abbiamo fame, la struttura è di legno, in stile marinaro, ispirata al film Forrest Gump, piena di richiami, oggetti di scena e, se si vuole attirare l’attenzione del personale di sala, basta girare il cartello "Run Forrest Run" oppure "Stop Forrest Stop". Ordiniamo diversi piatti a base di pesce che, ovviamente, è la loro specialità: Jumbo Shrimp Cocktail, Mama Blue’s Fried Shrimps, Shrimper’s Heaven, patatine fritte e birre. Finalmente un menu differente dal solito e molto buono.
Al termine ci invitano a passare dallo store in cui ci regalano alcuni boccali da birra con il loro logo. Sono di vetro sottile e questo mi preoccupa. Riuscirò a riportarli a casa? Questa sarà la mia prossima mission.
Per tornare, il figlio propone qualche cosa di nuovo, inquietante e sorprendente: la WAYMO, l’auto che guida da sola, senza conducente.
Siamo indecisi, le guardiamo sfilare silenziose sulla strada, ce ne sono parecchie e alla fine ci convinciamo.
Riusciremo a tornare in hotel senza inconvenienti?