Mi preparo con la telecamera accesa puntata verso l’angolo da dove dovrebbe arrivare la Waymo.
Un’auto bianca, con una luce blu sul tetto, svolta e si dirige verso di noi, silenziosa. Mette la freccia, accosta a un paio di metri.
Ci avviciniamo emozionati. La luce blu proietta le iniziali di mio figlio che ha fatto la richiesta della corsa. Dall’App lui sblocca le maniglie.
Guardiamo dentro: non c’è proprio nessuno. Apriamo gli sportelli, io mi infilo dietro, sono un po’ intimorita. Una volta tutti e quattro sistemati, il figlio dà l’ok per la partenza. Una voce femminile ci ricorda di allacciare le cinture e ci tranquillizza.
Uno schermo dietro e uno davanti disegnano il percorso su cui si possono vedere tutti gli ostacoli rilevati dalle telecamere e dai radar, anche le persone che sono dietro ad altre auto. L’auto vede più di noi umani.
Tramite il touch possiamo scegliere la temperatura dell’abitacolo e il tipo di musica. Metto una canzone rilassante, è sera, fra un po’ andremo a dormire.
L’auto si immette sulla carreggiata, il volante gira da solo come se fosse mosso da un fantasma. La Waymo è silenziosa perché elettrica, sul cruscotto c’è la scritta:
Please keep your hands off the wheel.
The Waymo Driver is in control at all the times.
Quindi, per prima cosa non si può intervenire nella guida, poi c’è un pulsante che rassicura, infatti cliccando lì si può chiedere assistenza e parlare con un umano che, a quanto pare, sta monitorando tutti i viaggi delle auto della flotta.
Scopro che a Los Angeles queste Jaguard sono in funzione solo da un paio di mesi, certo, hanno fatto un lungo training, ma chissà cosa potrebbe accadere!
Sfilano le immagini di film in cui l’intelligenza artificiale prende il sopravvento. Immagino l’auto che si chiude ermeticamente e che ci porta in qualche hangar dove verremo fatti a pezzi, la voce gentile che si trasforma in una serie di comandi crudeli.
Invece lei guida liscia e prudente, nulla a confronto di certi autisti bruschi e incoscienti, lei evita la caotica autostrada e fa un bel giro quasi turistico dove vediamo altri angoli di L.A. Sugli schermi compaiono i minuti che restano all’arrivo, le strade che intende percorrere, la velocità.
Le luci della città si proiettano su quel posto vuoto alla guida a cui si fa fatica ad abituarsi, ogni tanto incontriamo altre auto simili, sembra che si passino dati e che siano in contatto tra loro.
È tutto affascinante e inquietante.
Giunti all’hotel, la Waymo accosta al marciapiede a pochi metri dall’ingresso, comunica le ultime cose come slacciare le cinture e ricordare di non lasciare oggetti in auto, poi ci saluta e ci invita a scendere.
Il figlio sblocca le portiere dall’App, noi scendiamo sani e salvi e guardiamo con stupore l’auto fantasma che, dopo qualche secondo, mette la freccia e rotola sull’asfalto, nel suo silenzio surreale.
Sento qualche cosa di religioso e blasfemo allo stesso tempo.
Mi domando se, quando non c’è nessuno, lei scelga un sottofondo musicale… e quale.