18 - Preparativi maldestri per il Capodanno a San Francisco - Road Trip dalla Route 66 al Pacifico

Capitolo 18


Un simpatico iraniano ci porta con il suo Uber al Griffith Observatory da cui si vedono le colline di Hollywood e la famosa scritta. Il posto è pieno di auto in coda, alla ricerca di un posteggio, sembra che mezza Los Angeles sia qui a fare pic nic e siesta.
Giriamo intorno all’osservatorio che è chiuso ma il luogo è molto scenografico, fotografiamo la grande scritta che compare in moltissimi film e spesso in Beautiful (perdonatemi come sempre).
Intorno c’è il più grande parco municipale urbano degli Stati Uniti ed è ricco di sentieri, alberi, piante. Ci sediamo sul prato per fare il punto e poi, su consiglio del tassista, anche se preoccupato per le nostre gambe in quanto ci ha chiesto più volte se siamo in grado di camminare su un sentiero in discesa, ci avventuriamo.
Il posto è proprio bello, la terra quasi rossa, oggi fa caldo e c’è un bel sole, respiriamo aria pulita e in una mezz’ora, senza alcuna fatica (meglio chiarire), raggiungiamo, in fondo al sentiero, un chiosco dall’aspetto semplice e curato. Curiosiamo e, non c’è dubbio, il cibo che offrono è casalingo. Ci vuole un bel po’ prima che i piatti siano pronti, ma ci accomodiamo su sedili di legno, circondati da abeti e, soprattutto, da scoiattoli. L’ambiente è piacevole e bucolico, una signora dall’abbigliamento un po’ trasandato, i lunghi capelli grigi e scarpe bucate, scorre delle riviste e prende appunti, mentre il suo gatto rosso le si struscia addosso con fare regale.
Ogni parte di quell'insieme richiama il relax, la pace, la serenità.
Tornati in hotel chiediamo all’addetto di tenere le nostre valigie in custodia nell’apposita stanza e questo risponde che vuole la mancia. Non abbiamo neanche un dollaro con noi! Abbiamo sempre pagato e dato mance con le carte di credito. Corriamo a cercare una banca nei dintorni. 
Tornati in hotel aspettiamo venti minuti che il vallet ci restituisca la nostra Texi, mancia anche a lui, ora con i miei dollari di carta mi sento prodiga, recuperiamo i bagagli e via, sull’autostrada c’è parecchio traffico, ma il figlio guida senza incertezze.
Ci dirigiamo verso la prossima tappa che è l’aeroporto, dove dobbiamo consegnare l’auto al chiosco della Sixt. Da lì prendiamo il loro bus che ci accompagna in un posto in cui intercettiamo la navetta del prossimo hotel dove trascorreremo la notte: il Westin con piscina, negozi e ristoranti. 
Qui ceniamo, io mi gusto un’insalata con i gamberetti e l’immancabile birra.
La notte passa serena, anche se siamo vicini all’aeroporto, sveglia alle sette, abbiamo un sacco di cose in programma.
Per giunta è il 31 dicembre! 
E nessun progetto per Capodanno.
Colazione abbondante e navetta verso il nostro aereo. Molliamo in stiva tutte le valigie, ora i nostri bagagli consistono in due borsoni nuovi (strapieni), due trolley e due valigioni, oltre ai nostri zaini, il viaggio sarà breve e non temiamo di perderli, infatti siamo diretti a San Francisco.
Alla partenza c’è la solita nebbia che pare sia normale a L.A., ma poco dopo il decollo esce un bel sole. 
Il panorama è stupendo, si vede la costa e un mare che va dal cobalto al lapislazzuli. Una leggera schiuma chiara si abbandona sulla spiaggia.
Finché ho campo cerco di fare gli auguri ad amici e parenti e sui social, ma presto spengo il telefono e mi immergo nell’oasi di pace che l’aereo garantisce. 
Penso a questa vacanza che sta per finire, una leggera malinconia mi fa ringraziare per la famiglia che ho, per la possibilità di fare un viaggio confortevole in luoghi lontani, per i momenti gioiosi che sto vivendo. Mi avvolgono vibrazioni positive che non posso fotografare ma che cerco di fermare scrivendo.
Raggiungiamo il nostro hotel, cambiato all’ultimo momento. Pare che quello che avevamo prenotato ad agosto si trovasse vicino a una piazza mal frequentata e il figlio decide di farci soggiornare davanti al mare al Harbor Court Hotel. 
Entriamo e il caminetto è acceso, l’atmosfera accogliente, grandi divani di pelle in stile Chesterfield sono pronti ad accoglierci, prendiamo due stanze in stile marinaro, piccole ma pulite. Come sempre elimino dal letto tutti i cuscini in eccesso (ma quando Barbieri farà capire agli albergatori del mondo che copriletti, trapuntine, runner e cuscini sono solo acchiappa polvere e, non venendo lavati ogni volta, sono ricettacolo di acari?)
Purtroppo la nostra camera si affaccia su una serie di macchinari, presumo per il riscaldamento, che fanno un discreto rumore e per stanotte prevedo l’uso dei tappi di cera.
Il figlio autista, finalmente senza auto, si rilassa e la stanchezza gli si rovescia addosso. 
Per non dover pensare prendiamo un bus turistico, quelli che io chiamo “Babbeo bus” in quanto sono un po’ da turisti incapaci. Però devo ammettere che sono tanto utili per avere un’infarinatura della città, vedere in poco tempo i luoghi più interessanti per poi tornarci, se li si ritengono meritevoli.
Davanti a noi sfilano le casette colorate dette “Painted Ladies”, in stile vittoriano nel quartiere di Alamo Square, poi entriamo nel quartiere Castro, famoso per la sua comunità LGBTQ+, con murales e arcobaleni, scivoliamo nel The Haight, il luogo che ha fatto nascere la cultura hippy, dove negli anni Sessanta è esploso il fenomeno della Summer of Love, attirando giovani intenzionati a creare una società ideale, pacifica e libera. 
Dall'alto del babbeo Bus vediamo il Golden Gate Bridge che è rosso e spettacolare, il Golden Gate Park, enorme e pieno di piante che spuntano in ogni dove nella città, i Pier, i famosi moli lungo tutta la passeggiata, i Cable Car, la rete tranviaria a trazione funicolare e le strade che salgono e scendono in maniera impressionante.
Si fa sera, il Capodanno si avvicina, non siamo affatto preparati all’evento. Io e il marito usciamo a cercare qualche cosa di capodannesco, troviamo aperto un 7-Eleven in cui compriamo gli immancabili yogurt, un po’ di acqua e l’unica bottiglia di champagne disponibile. 
In hotel, veramente stanchi, ordiniamo cibo da asporto che in pochi minuti ci viene consegnato alla reception.
I figli crollano sui letti, noi ci sentiamo un po' a disagio per non aver organizzato nulla di importante, ma ci giustifichiamo dicendoci che in fondo non capita tutti i giorni di finire e iniziare l'anno a San Francisco e che quindi sarebbe il caso di accontentarci.
Mangiamo, brindiamo con il nostro prezioso champagne e usciamo sulla passeggiata che si sta animando. 
La luce del sole sta scendendo, il Golden Gate Bridge, che sembra sempre più vicino, si sta illuminando, baracchini che vendono hot dog con verdura croccante iniziano a spargere i loro profumi speziati. 
I preparativi per la festa rendono l’atmosfera frizzante e piena di aspettative.
Riusciremo a stare svegli fino a mezzanotte?