11 - Viva Las Vegas? - Road Trip dalla Route 66 al Pacifico

Capitolo 11
Il 27 dicembre si apre al Grand Canyon Village con il sole e temperatura superiore a ieri. Dopo la colazione, sempre super affollata, andiamo a cercare una nuova calamita per il grande. Lo store è proprio invitante, pieno di manufatti dei nativi, finora non ho acquistato nulla per me, ma non resisto a un bel tappetino di lana che starebbe così bene nella nostra casetta in montagna. 
Compriamo alcuni ricordini e torniamo in auto. Fuori ci sono 46 Fahrenheit che corrispondono a otto gradi.
Questa è la terra degli indiani Navajo e il marito ci intrattiene leggendo le loro vicende, mentre la frase ricorrente è: tanto la strada è tutta dritta!
Ci fermiamo alla Shell e gironzoliamo in un altro negozio, Indian Arts, sempre sulla Route 66. È pieno di cose interessanti “maipiùsenza”. Vorremmo comprare tutto, ma abbiamo buon senso e sappiamo che, una volta a casa, i gadget finirebbero in un sacco, in cantina.
In questa specie di autogrill si può anche bere e mangiare qualcosa, bagni puliti e signore molto accoglienti. Usciamo soddisfatti e notiamo che non ci sono mai gallerie, strano per noi liguri. 
Il fondo stradale diventa dissestato, intorno riappare l’area desertica con cespugli bassi, pale eoliche e montagne all’orizzonte che danno quel rassicurante senso di finitezza.
Sostiamo al Lago Mead, in cui sfocia il Colorado River. È il più grande lago artificiale degli Stati Uniti, situato tra Nevada e Arizona, a circa cinquanta chilometri da Las Vegas. Il bacino è stato creato mediante la costruzione della diga di Hoover che ha sbarrato il corso del fiume Colorado, il quale ha riempito l'area che si estende fino a centottanta chilometri a nord della diga e ha una capacità di trentacinque miliardi di metri cubi. Sono cifre inimmaginabili.
Raggiungere Las Vegas è un attimo, sono un po’ emozionata perché da una parte la ritengo una città pacchiana e rumorosa, dall’altro mi sembra di conoscerla, dopo tutti i film in cui è comparsa e che ho visto. Mi piacerà o ne resterò delusa?
Certo è che appena arriviamo nei pressi del nostro hotel Curio Collection by Hilton, proprietà della Virgin,  veniamo accolti da una banda di scioperanti indemoniati, con enormi casse da cui esce musica a palla, megafoni da cui urlano chissà cosa, cartelli minacciosi inneggianti lo sciopero che a quanto pare va avanti da mesi. 
Ci informiamo on line e pare che i dipendenti della Virgin, che è inglese, vengano pagati meno dei colleghi che dipendono da analoghe aziende USA. Sì, ma noi cosa ne possiamo?
Un po’ preoccupati raggiungiamo il posteggio, tiriamo fuori i bagagli sperando di non essere aggrediti e troviamo l’ingresso dell’hotel.
Ma non è un albergo, è un casino, cioè una casa da gioco!
Ci aggiriamo perplessi. Qui l’atmosfera è pacata: moquette, tavoli verdi, slot machine, lucine colorate, musica tranquilla. Sembra che a nessuno interessi la protesta dei dipendenti. Altri lavoratori infatti prendono il loro posto e tutto sembra filare liscio. 
Finalmente compare la reception. Quindi l’hotel è costruito sopra al casino. Non l’avrei detto, non siamo nel centro della city, eppure anche qui è proprio come nei film.
La nostra camera è la più bella del viaggio: tutta bianca, con un enorme divano che si dipana sinuoso tra due grandi letti, una stanza per armadi, area trucco con gli specchietti laterali e sontuosa poltroncina, bagno con ogni comfort. 
Nella vetrata è inquadrato il centro del vizio: si vede l’enorme palla che cambia immagini e colori e alcune parti dei casino più famosi. Alcuni aerei decollano proprio davanti a noi, ma è tutto perfettamente insonorizzato. 
La Paris (Hilton) come dice il grande, che è proprietaria di tutto questo, ci sa fare.
Il costo dell'hotel non è alto, probabilmente vogliono mettere a proprio agio i turisti, sicuri che poi i soldi li sborseranno copiosamente nelle case da gioco.
In ascensore incontriamo dei marcantoni lustrati a nuovo che fanno parte della squadra di football USC. Andiamo a documentarci ed ecco cosa esce su un giornale locale: Secondo l'università, la squadra di football degli USC Trojans non è stata in grado di cambiare la propria sistemazione a causa dello sciopero in corso presso i Virgin Hotels Las Vegas. Questa settimana, allenatori e giocatori hanno alloggiato nei Virgin Hotels per l'imminente SRS Distribution Las Vegas Bowl, nonostante le insistenze della Culinary Union affinché abbandonassero la struttura.
Sembrano scocciati, in effetti l’accoglienza all'esterno è brutta e personaggi come loro si aspettano di sicuro manifestazioni di gioia e non insulti. 
In sostanza ci toccherà averli come vicini di stanza… guarda te che sfortuna!
Facciamo un tour dell’hotel e scopriamo diverse piscine scenografiche, aree per cocktail, ristoranti, c’è di tutto, un vero villaggio di lusso.
La città all'arrivo ci è sembrata cotica e, anche se le attrazioni sono a soli venti minuti da qui, decidiamo di prendere un Uber per evitare di uscire con l’auto, e per non incappare negli indiavolati scioperanti che ci intimoriscono e ci fanno anche sentire in colpa. Il lavoro è una cosa importante e se sono lì da mesi a urlare alla gente, avranno i loro buoni motivi.
Il taxi procede lento tra miriadi di altri taxi e auto e, poco alla volta, entriamo nel vivo della city. 
Enormi edifici sembrano schiacciarci, un rumore assordante ricopre le strade, migliaia di persone si aggirano con il naso all’insù, l’odore di cannabis è ovunque. 
Inizio a sentirmi a disagio, una vertigine che si posiziona sulla mia spalla mi sussurra di fuggire, ma sono intenzionata a fare questa esperienza e la farò.
Però il racconto del nostro peregrinare a Las Vegas lo leggerete nel prossimo capitolo.