Recensione del romanzo Guatemala - Anno del Signore 1975 di Patrizia Gaslini e breve intervista all'autrice


Nella nota dell’autrice si legge: 

È una terra che si racconta, vibra, risuona, canta. 

Ed è proprio dalla terra che sembra risalire questo racconto che definirei corale, anche se la vera protagonista, oltre alla magnifica ambientazione, è una dottoressa dal nome evocativo (e parlante): Fiamma D’Oriente. 
Bionda e con occhi azzurri che non possono tacere, così diversa, arriva come volontaria in una sperduta missione gestita da Padre Luca, prete impegnato a espiare il suo peccato che nasconde come un segreto inconfessabile. 
Tra i personaggi più intensi c’è Juanita, la Vieja, una piccola e antica sciamana, guaritrice, cuoca sopraffina, amica degli animali. Lei è come la terra, è accogliente, dolce e profumata, ma anche determinata e dura, all’occorrenza. 
I bambini della missione la adorano, tutti la amano e la ascoltano. 

"Lo sciamano capo in persona l’aveva addestrata all’arte di sapersi muovere, ora come il giaguaro, ora come il cobra: le ripeteva che l’animale più goffo, rumoroso e prevedibile, è proprio l’uomo, il cui odore, i cui pensieri, le cui intenzioni vengono captate a centinaia di metri di distanza."

Sembra che in fondo sia lei o la sua saggezza a tirare le fila del racconto, insieme alla sua aquila guida che sovrasta le pochezze umane in quei cieli immensi, orizzonti infiniti, capaci di regalare colori stupefacenti, uragani paurosi e terremoti catastrofici. 
I Cenfuegos sono una famiglia simbolo di sfruttamento e ferocia nei confronti del Popolo affamato e sottomesso, con l’aiuto di Francisco de Blanc, figlio di un Generale in carriera, che deve decidere che strada prendere: seguire le terrificanti direttive del padre o assecondare la sua indole dolce e artistica. 
Fiamma si trova in mezzo a situazioni difficili, malati da curare, uomini forti abbattuti da mostri senz’anima. La sua discesa verso l’inferno della cattiveria umana sembra non finire mai. 

"La malattia è dolore, ma anche riflessione e un paio di occhi nuovi per vedere il mondo, quello di tutti i giorni, quello dove, a volte, ci si accanisce per sciocchezze e ci si abbatte per cose futili, quello dove una giornata di pioggia è uguale a una di sole, quello dove tutto scorre senza mai fermarsi, mentre il nostro mondo interiore ha bisogno di attenzione e ritmi più lenti." 

Questa frase di un paziente la fa riflettere e tutti i passaggi del romanzo fanno meditare e crescere il lettore che, capitolo dopo capitolo, si immerge sempre più in quella terra fatta di alberi, grotte, acqua, montagne, altopiani. 
E poi ci sono il terribile Rossano Cenfuegos, tirannico e patetico marito di Regina, la donna che impara a ribellarsi, in un cammino che è insegnamento e luce per tutte le donne oppresse e umiliate. 
Candido, amico, compagno, figlio, dal volto radioso, non si può non tifare per lui, e il buono e affidabile El Gigante. 
Fiamma sopporta situazioni paurose e si fa in cento per aiutare quella gente senza speranza, finché non si accorge che c’è qualche cosa che non sa, di cui non l’hanno messa al corrente, e fugge, sentendosi tradita, sola, estranea, indegna anche di quella fiducia che, in fondo, le dovevano, come unico compenso al suo lavoro e alla sua dedizione. 
Moreno è il cattivo più cattivo di tutti, perché ha un ‘difetto fatale’ che lo spinge a reagire, ad andare contro gli insegnamenti di Padre Luca e le sue vendette sono temibili e terribili. I suoi occhi di colore diverso diventano simbolo della guerriglia interiore che lo caratterizza. Solo l’immagine della Madonna, e quindi l’amore, forse, lo può fermare. 
Non manca il Popolo, silenzioso, laborioso, rispettoso: 

“Questa gente ha bisogno di poco, non ha pretese e comunque andranno le cose, sarà grata a questa missione e alle persone che si sono date da fare per loro. Imputeranno ogni tragedia al Cielo e la trasporteranno sulle loro spalle, come uno dei tanti fardelli di cui sono abituati a farsi carico, in modo rassegnato ma consapevole e nella disgrazia, come nella gioia, saranno solidali più di quanto non siano stati già prima che questa calamità naturale si abbattesse sulle loro vite.” 

Le vite dei personaggi si intrecciano, si scontrano, nascono amori e muoiono innocenti, in quadri epici, degni della narrativa americana novecentesca, in cui le piccole storie quotidiane diventano simbolo e narrazione universale. 

Un libro bellissimo e scorrevole, che consiglio vivamente a chi ama i racconti avventurosi, con cenni di romance, con una base storico sociale intensa e un’umanità eroica mossa da ideali universali.

Domande all'autrice:


Perché hai scritto un libro con questa tematica:

Perché Il Guatemala è stato il primo viaggio della mia vita, anno 1985, quando la globalizzazione non aveva ancora piantato le sue radici nefaste. Un viaggio avventuroso, nel cuore di un paese straordinario per la natura, il folklore, la gente semplice e accogliente e quel senso di magico radicato nelle abitudini, insieme alla credenza che Dio sia ovunque, nelle montagne, nei raccolti, nelle stagioni e che gli spiriti si trovino negli oggetti e tengano insieme l’universo.

Della sua situazione politica invece, ignoravo pressoché tutto; per girare il paese ci avevano obbligato a mettere dei cartelli sul cofano delle jeep, con ben visibile la scritta ITALIA per identificarci in caso di blocchi militari. Al rientro, avevo deciso di approfondire l’argomento. Così avevo letto gli scritti di Rigoberta Mentchù e della sua lotta contro l’annientamento della cultura Maya, da lì avevo scoperto l’esistenza di documenti come la Memoria del Silencio e Nunca Mas coi loro contenuti di inenarrabili violenze e genocidio, e i rapporti sui desaparecidos che in questo paese hanno superato per numero quelli del Chile di Pinochet. 
Così sono stata folgorata da una realtà che ero lungi anche solo dall’immaginare: solo una delle tante guerre dimenticate e sconosciute al mondo. Da tutto questo ha preso parola il mio racconto.

Cosa vuoi trasmettere al lettore?

Che un titolo è già un intero romanzo
Che è solo facciata quel che vediamo degli altri
Che umanità è comprensione
Che la natura è Dio
Che il caso ci prende per mano e la vita è il suo disegno
Che in Guatemala, la libertà ha le ali del quetzal

I personaggi sono ispirati a persone vere?

I personaggi sono frutto della mia immaginazione. Sono usciti dalla penna e hanno preso vita un po’ per volta, senza un modello a cui ispirarmi, senza riferimenti a qualcuno, avendo però ben presente il contesto in cui si muovevano e i racconti documentali di quel periodo. E anche se non sono persone vere, sono certamente esistite figure identiche con nomi diversi, perché la storia si ripete, i cattivi sono cattivi, assassini o carcerieri, e la loro ferocia può vestirsi di mille versioni, così come i buoni sono sempre buoni, vittime o eroi, e loro azioni mirano sempre allo stesso fine: evitare che il male trionfi. Si tratta solo di dare volti e fisionomie ed essere consapevoli che comunque la realtà supera sempre la fantasia.

Che cosa rappresenta per te il Guatemala?

La mia giovinezza, il mio primo viaggio, il mio romanzo.

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