La Ghirlanda di Elsa Lohengrin, un regalo di Natale

Una scrittura piacevolissima che ti avvolge in un'atmosfera natalizia da sogno. 
La novella si svolge in Inghilterra, durante le vacanze di Natale, in cui Rebecca D'Altavilla, al ritorno dall'università di Cambridge, nella dimora di famiglia, si imbatte in un invitato non previsto, amico del fratello, con cui instaura un rapporto molto conflittuale. 
Lei vorrebbe solo trascorrere le vacanze in santa pace con la sua numerosa famiglia, per poter rimuginare su un fatto doloroso che le è capitato da poco, senza estranei che la osservano con insistenza. 
Una lettura da caminetto acceso, copertina, tisana alla cannella, sperando che fuori nevichi.

Questa novella si riallaccia al romanzo Il Cigno, in cui l'autrice, Elsa Lohengrin, racconta le vicende di uno degli Altavilla e del suo complicato rapporto con se stesso.

Presto uscirà il terzo libro di questa favolosa saga moderna in cui la leggerezza della narrazione offre spunti profondi per riflettere.

I romanzi di Elsa Lohengrin li trovate su Amazon in formato Kindle, cartaceo e gratuito su Kindle Unlimited.

Jimmy e Ji: due voci prima della nascita e breve intervista all'autrice Patrizia Gaslini



Le storie sono già state tutte scritte, ma è lo stile dell’autore a rendere una storia unica.

E questo racconto mi ha davvero stupita, incantata e cullata, perché i protagonisti sono due gemelli ancora nella pancia della mamma che, con il passare delle settimane, scandite dal susseguirsi dei capitoli, acquisiscono consapevolezza attraverso le loro terminazioni nervose, il DNA, i fili misteriosi che uniscono le creature viventi, potenziando sensazioni, intuito e ricordi. 

Nella mente di questi feti l’universo e la natura si rivelano in tutta la loro complessità e mistero, sostenuti dalle persone coinvolte: in primis i genitori, ma anche zie e avi, quasi inconsapevoli eppure sempre più partecipi nell’esistenza di due nuove vite. 

La narrazione è piacevole e spesso poetica: sembra quasi di poter respirare quell’atmosfera ovattata e confortevole in cui galleggiano i gemelli. Nei lettori, infatti, riaffiora un ricordo atavico di quel benessere mai più provato, una volta nati. 

Grazie alle sensazioni dei gemellini e a ciò che accade ai genitori, la storia diventa concreta, spingendo a riflettere su quanto possiamo trasmettere, anche involontariamente, a creature non ancora interamente formate. 

Solo la sensibilità di un medico che vive a stretto contatto con i bambini (l’autrice è pediatra) poteva regalare un racconto così intenso, capace di trasportare il lettore in un universo parallelo: quasi una regressione intrisa di beatitudine, ma anche di improvvisi terrori. 

 La nostra strada inizia da lontano e forse proprio lì possiamo ritrovare il nostro vero essere, le paure, i desideri, quelle sensazioni spesso inspiegabili che ci conducono verso situazioni irresistibili che ci attraggono, o eventi che ci respingono, riempiendoci di beatitudini o di ansie apparentemente immotivate. 

Un romanzo quasi filosofico, che invita a riflettere dolcemente sulle origini dell’uomo e dell’universo, sul ciclo vitale e sulle impressionanti connessioni con la Natura. 

Alcune domande all’autrice, Patrizia Gaslini: 

1) Com’è nato il mondo di Jimmy e Ji? C’è stato un episodio, un’immagine o un’emozione precisa che ti ha spinto a scrivere questo romanzo? 

Jimmy e Ji sono affiorati dalla penna come una magia; due feti che raccontavano la loro storia, attingendo dalla mia. Più che un’emozione precisa, in quel momento una ferita precisa dell’animo me li aveva messi fra le braccia. Mentre li cullavo, cullavo me stessa; terapia e terapeuti di un malessere. Poesia versus rabbia, tenerezza versus amarezza, perdono versus odio. Un’immagine precisa? Anche! Un babypullman di neonati che percorre i corridoi di un reparto di ostetricia, diretto alle camere delle rispettive madri, una fila di piccoli esseri apparentemente uguali eppur già così diversi e unici, voci potenti per individui minuscoli e fragili, richiamo ancestrale all’attenzione e alla vita. E poi la domanda: perché dimentichiamo il grembo materno? In quel rifugio accogliente maturiamo consapevolezze? Sperimentiamo emozioni? 

2) Jimmy e Ji sono due figure particolari: parla dei loro nomi e perché hai scelto il loro stato di feto per narrare la storia. 

Jimmy e Ji sono due gemelli identici maschi; stesso sacco, stesso amnios, stessi geni. Ji è fragile; il suo cuore debole e imperfetto suscita in Jimmy un istintivo bisogno di proteggerlo, difenderlo, avvolgerlo, tenerlo stretto a sé, abbracciarlo, già dentro il suo nome: un solo guscio per due unità, un solo Jimmy per due Ji. Tenerezza, protezione del più debole, amore fraterno. Alla fine di cos’altro ha bisogno l’umanità? Due feti e prima due embrioni e prima due cellule, che storia straordinaria la vita! Soffermarsi su questo mistero, anche solo per un attimo, disorienta, obbliga a riflettere e a farsi domande, le stesse che l’umanità attenta si pone da sempre. Intanto sua maestà la natura sorride di noi, delle nostre limitatissime conoscenze e dell’ingenuità delle nostre presunzioni. Immedesimarsi in un feto, forse è una delle tante, ma ha il fine preciso di cogliere di quella fase della vita altro che la meccanicità, l’anonimità, la superficialità, la scontatezza con cui viene studiata, definita, e infine vissuta. E allora i feti provano emozioni, possono collegarsi alle menti dei genitori, possono accedere ai loro ricordi, hanno angeli protettori scelti dalla natura ma inconsapevoli di questo ruolo, infine pensano? Domande di medico, domande di essere umano. 

3) Cosa vorresti che il lettore portasse con sé dopo aver chiuso il libro? Che messaggio vuoi veicolare con questa narrazione? 

Non ho messaggi speciali, solo una raccomandazione: non lasciare che la scienza si appropri di tutta la verità. L’uomo, fin dai suoi primi attimi di vita è ben altro che una sterile sequenza di passaggi di biochimica, per quanto altrettanto importante e irrinunciabile per il progresso, ma un universo di interazioni che sfuggono alla logica e, ahimè, anche alla scienza. L’uomo non è solo un puzzle di organi, è una rete di connessioni senza fili, un’invisibile ragnatela d’informazioni. Da questa riflessione dovrebbe partire chi si prende cura delle malattie, chi ne è bersaglio, soprattutto una madre con il suo bambino non ancora nato. 

4) Puoi raccontare un momento speciale o una difficoltà durante la stesura? Cosa ti ha spinto a terminare il romanzo e cosa ti bloccava? 

Il momento speciale del romanzo? I collegamenti-incontro di Jimmy e Ji con il padre, lo sforzo di poterlo vedere e conoscere e soprattutto l’amore così speciale di Ji nei suoi confronti. Io sono il suo Ji. Una difficoltà durante la stesura? Cosa mi bloccava? La pena del suo ricordo vago, una figura sfocata nella mia memoria di bambina: una voce da immaginare, una fisionomia da ricavare dentro fotografie in bianco e nero, un contatto con la sua mano che non ho mai provato. Certa invece la sua passione per la montagna, certa la sua passione per il volo, reale l’aereo da cui, da dentro una cornice, sorride pieno di giovinezza e di speranze. Avevo solo quattro anni e ancora oggi non sono riuscita a perdonare il destino che me ne ha ingiustamente e prematuramente privato. Cosa mi ha spinto a terminare il romanzo? La vita che va sempre avanti a dispetto della perdita, a dispetto del dolore. “Omnia vita vincit”.

Biografia: Patrizia Gaslini è nata a Milano e vive in un paese della sua provincia. Dopo gli studi classici si è laureata in Medicina, specializzandosi in Pediatria e Neonatologia. Pediatra di professione, si è avvicinata anche alle medicine non convenzionali, come l’Agopuntura, con uno sguardo aperto a discipline diverse.
Sportiva e salutista, è alla sua seconda pubblicazione. Per lei la scrittura è molto più di un hobby: è passione pura, rifugio e cura per l’anima. Lettrice instancabile, ama farsi sorprendere dai libri che la scelgono dagli scaffali.

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La Taranto dell'Ilva, attraverso gli occhi della ragazza con la valigia

 



Questo breve romanzo offre al lettore, con grande forza, gli odori, i colori e le contraddizioni di un quartiere oppresso dal Vento Nero, come lo chiama la giovane protagonista Carlotta, una bambina timida ma piena di curiosità che inizia la sua crescita tra le strade polverose di una Taranto degli anni Novanta, segnata dal fumo dell’acciaieria.

Eppure, dentro quel mondo difficile, trova l’umanità più vera: amicizie sincere, valori che resistono al degrado e un legame profondo con la propria terra. 

La scrittura dell’autrice riesce a mescolare nostalgia e realismo, lasciando addosso quella struggente sensazione di mancanza quando Carlotta abbandona il quartiere per “andare a stare in città”. 

Tanti piccoli quadri, i capitoli, in cui il punto di vista della bambina la dice lunga sulla situazione creata dagli adulti: la fabbrica dove tutti lavorano, tranne suo papà, l’inquinamento, la bellezza della natura che prova a sovrastare i danni dell’ILVA, nel quartiere Tamburi. 

Lei se ne andrà ma tornerà, per trovare la ragione della sua esistenza, per provare a cambiare le cose e, soprattutto, per scrivere. 

Un libro che commuove e fa riflettere, un libro dolce e potente, per non dimenticare.

Nostalgia di Cime Tempestose? Ci pensa Lorena Ciullo


Ho amato molto Cime Tempestose, l’ho letto due volte e lo sto ascoltando in audio libro perché, recentemente, è uscito il romanzo di Lorena Ciullo, Il ritorno di Catherine: il fuoco nella cenere, che ha riattizzato la mia nostalgia per le Wuthering Heights, per le sue tempeste, per la brughiera inglese con le tormente invernali, la neve, il fuoco nel camino, le tazze di tè, la trama complessa. 

Il ritorno di Catherine è un libro intrigante, magico, e può essere anche una sorta di consolazione per gli affezionati di Emily Brontë, colpevole di aver scritto un solo romanzo. 

Cat dunque torna, nelle sembianze di una bellissima donna moderna, vittima di un incidente. 

La sua missione è trovare l’amato Heathcliff, ma per raggiungerlo deve superare le barriere che ha costruito da sé, le sue paure, i suoi demoni. 

Nell’oscurità della brughiera le due anime si cercano e si trovano, ma la strada è irta di ostacoli. 

Lo definirei un romance dalle tinte gotiche, che ho letto con grande piacere e con il sottofondo mentale di Wuthering Heights di Kate Bush. 

Insomma, non mi sono fatta mancare nulla per gustarlo nel pieno delle sue suggestioni dark.

Ferebea direttamente dall'antica Grecia, il romanzo di Sabrina Nuti


Un altro gioiellino uscito dal salone del Libro di Torino: Ferebea - Un dono nell'oscurità (Italian Edition) di Sabrina Nuti. 

La bella e dolce ma determinata protagonista, Ferebea, sembra uscita direttamente dall’antica Grecia ma allo stesso tempo possiede la forza e l’indipendenza di un’eroina moderna, che, grazie alla sua forza nel fronteggiare il destino avverso, la rende indimenticabile. 

La cosa che più mi ha colpita è stata la capacità dell’autrice di riportarmi sui banchi del liceo, quando studiavo i miti e la storia della Grecia: qui però non c’è nulla di polveroso o lontano. 

Grazie a descrizioni vivide e accuratissime, il cibo, le bevande, gli abiti, i gioielli, i paesaggi prendono forma davanti agli occhi del lettore con una freschezza sorprendente. 

Dal Minotauro alle Amazzoni, passando per intrighi e guerriglie, ogni pagina trasporta in un mondo che potrebbe sembrare perduto nella nebbia del mito, ma che qui rinasce con immediatezza e originalità. 

Persino i personaggi più oscuri come il temibile Minotauro acquistano sfumature di umanità, rendendo la lettura ancora più appassionante. 

Un romanzo che unisce avventura, ricerca storica e profondità emotiva, consigliato a chi ama le ambientazioni nell’antica Grecia, con sfumature romance.

Non è mai solo per un caffè: continua la serie CTRL Z di Greta Mercadante


Che delizia leggere il nuovo romanzo di Greta Mercadante Non è mai solo per un caffè. 

Già dal titolo si intuisce che nulla, tra queste pagine, è banale: nemmeno il gesto quotidiano e apparentemente semplice di bere un caffè. 

La scrittrice, una donna talentuosa, ricca di spunti artistici,  ci invita a sederci accanto ai suoi personaggi e a condividere con loro la schiuma dolce e amara delle emozioni, il profumo intenso delle scelte, l’aroma pieno delle relazioni. 

La protagonista, Zhoe, che già abbiamo imparato a conoscere negli altri libri della serie, è una donna che corre tra mille impegni, divisa tra il lavoro, la famiglia e il grande sogno della sua associazione, nata per offrire agli altri uno spazio di incontro e speranza. 

Ma a rubarle il cuore e l’attenzione non sono solo i progetti e la famiglia: ci sono anche i legami, quelli che fanno tremare i polsi. Il marito Teo, con cui condivide una quotidianità fatta di consuetudini e incomprensioni; e Daniele, l’uomo che riporta a galla battiti di gioventù e sogni sepolti, con il quale l’attrazione è tanto irrinunciabile quanto proibita. 

Tra dialoghi vivaci, scene domestiche piene di realismo e pagine che profumano di emozioni vere, Greta ci regala un romanzo corale: le amiche di Zhoe (Patty, Fiorenza, Oksana e Marisol) portano leggerezza, saggezza, ironia, e ci ricordano che la forza delle donne sta anche nella capacità di fare squadra, di ridere e di sostenersi a vicenda nei momenti storti. 

Ogni personaggio sembra un tassello prezioso di un mosaico più grande, fatto di fragilità e resilienza. 

La scrittura è scorrevole, fresca e intima: sembra di ascoltare una confidenza sussurrata davanti a una tazza calda, con la sensazione che ogni parola sia stata scelta per arrivare dritta al cuore. 

Non mancano le situazioni buffe, che alleggeriscono la tensione e restituiscono quella dimensione autentica della vita quotidiana: un misto di drammi e piccole risate. 

Non è mai solo per un caffè è un inno alla vita di tutti i giorni, con le sue contraddizioni, i suoi inciampi e i suoi colpi di scena. 

È un romanzo che parla di amore, ma anche di amicizia, di coraggio e di ricerca di sé. E lo fa con leggerezza, come ci ha abituati l’autrice nei suoi romanzi della serie CTRL Z, senza mai cadere nella retorica, anzi con un sorriso complice che accompagna il lettore fino all’ultima pagina. 

In definitiva, è un libro che fa bene al cuore: si legge in un soffio, come un sorso di espresso preso al volo, ma lascia addosso un calore che dura a lungo. 

Perfetto da regalarsi in quelle giornate in cui si ha bisogno di una coccola, di un incoraggiamento, di ricordarsi che sì, la vita è complicata, ma insieme a un buon caffè… e a un buon libro, diventa decisamente più dolce.

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Il Tempo del Podestà - Una storia nella Storia


Ho incontrato l’autore, Francesco Maugeri, al Salone del Libro di Torino. 
Condividevamo il Tavolo 5 nell’area Self e ricordo la sua energia contagiosa mentre distribuiva con passione i segnalibri del suo romanzo, fermando i visitatori, soprattutto i più giovani. 
Solo dopo aver letto Il tempo del podestà ho compreso la ragione di tanto entusiasmo: il libro affronta una pagina fragile e complessa della nostra storia, e per questo Maugeri sente l’urgenza di farla conoscere. 
Perché, come si ripete spesso, ricordare è l’unico modo per impedire che la storia torni a ripetersi. 

Il romanzo ci porta in un borgo rurale del Lazio, sospeso tra tradizione e cambiamenti epocali. 

L’autore sceglie di raccontare l’ascesa del fascismo attraverso due prospettive opposte ma intimamente legate: quella di una giovane cameriera e quella del podestà del paese. 
La loro diversità sociale diventa il terreno di un confronto umano che travalica le gerarchie, poiché entrambi vivono le stesse paure, le stesse incertezze e la stessa, ostinata, speranza di futuro. 

Sono proprio i due punti di vista, inusuali, a dare originalità al racconto e a regalare al lettore un’immersione realistica nella narrazione. 

Nel tessuto di voci che compongono la vicenda affiora l’anima di un borgo contadino: una comunità che prima resta silente di fronte ai venti della politica, poi ne avverte le ferite e infine si affida a una resistenza sommessa, quotidiana, ma capace di forza inattesa. 

Tra i vicoli stretti, dove le case si sfiorano come i destini, la vita si intreccia e si sorregge, anche quando l’ombra del potere sembra oscurare ogni libertà. 

Il pregio del romanzo sta proprio nel restituire una dimensione intima e realistica al periodo storico: la Storia con la “S” maiuscola non è un fondale statico, ma un’onda che travolge e costringe a reagire, a volte in modo inaspettato. 

Maugeri riesce a rendere tangibile il peso del tempo, con una scrittura capace di fondere sensibilità narrativa e attenzione documentaria. 

Il tempo del podestà è un libro che parla di memoria, di dignità e di resistenza morale, e che conserva una sorprendente forza di attualità.

L’Edera di Serse Tacus: un memoir da leggere davanti al caminetto acceso



C’è qualcosa di antico e insieme di intimo nelle pagine del memoir di Serse Tacus, L’edera.

Un libro che sembra fatto per essere letto al tepore di un caminetto, con la neve che scivola silenziosa oltre i vetri, mentre le voci dei protagonisti si intrecciano come fili di un arazzo familiare.
L’autore ci conduce a Cludinico, piccolo paese della Carnia, e ci fa entrare nella casa di sei fratelli e dei loro genitori, seguendoli dagli anni Venti ai primi anni Ottanta del Novecento: anni di fatica, di partenze mancate, di lutti improvvisi, di guerra e di speranze che faticano a fiorire.

Il simbolo che attraversa l’intero racconto è l’edera, pianta umile e tenace, capace di stringere con forza ciò che ama. Non a caso i fratelli, ritratti insieme nel 1983, la tengono in mano come pegno di unione indissolubile: più eloquente di qualsiasi parola, più duratura delle stagioni che li hanno messi alla prova.

Serse Tacus scrive con una voce limpida e partecipe, che non indulge mai nel sentimentalismo ma riesce a restituire la dignità silenziosa di chi ha vissuto nella discrezione delle montagne.

Le fotografie d’epoca e i materiali disponibili online non sono semplici appendici, ma completano l’opera come frammenti di un mosaico che appartiene non solo a una famiglia, ma a una comunità intera.

A rendere il libro ancora più prezioso è il suo dono: i proventi vengono devoluti a cause di valore, trasformando la memoria in gesto concreto di cura.

Così L’Edera non è solo un memoir, ma un’eredità: un racconto che intreccia le radici con il presente, e che ci invita a riconoscere la forza silenziosa dei legami.

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Come il pan di zucchero che si sgretola di Simona Rossi Lombardo


Una storia vera, anche se romanzata dall’autrice che porta il nome della protagonista.

Nel prologo, ambientato in Sardegna, la scrittrice immerge il lettore direttamente nel cuore del dramma, per poi alleggerire la tensione con qualche capitolo apparentemente più lieve.

Ma, poco alla volta, la caduta verso l’abisso ti trascina in un'immersione che diventa sempre più cupa e disperante.

Un racconto doloroso, in cui una giovane donna fa un incontro sbagliato, sbagliatissimo, che le condizionerà il resto dei suoi anni. L’errore porta con sé la pena e Simona dovrà scontare una colpa che non ha, e che le costerà la cosa più preziosa della sua vita.

Da qui il tema dell’affidamento, della responsabilità dei genitori, della tutela dei minori, della gestione di figli con famiglie potenzialmente problematiche.

E chi può effettivamente capire in cosa stia il problema, e se in realtà ci sia? La legge in merito ha subito diverse modifiche e, all’epoca della narrazione, nei primi anni del Duemila, era ancora piena di lacune.

L’alternanza del punto di vista delle due protagoniste, i personaggi perfettamente caratterizzati, la Sardegna come spettacolare cornice, a volte amica nella sua bellezza, a volte greve nelle sue asperità, mi hanno fatto leggere queste pagine in pochissimo tempo, in un aumento di tensione che mi ha fatto rimanere col fiato sospeso.

Ricco di significati simbolici e metaforici, il libro merita di essere letto e meditato, perché certe problematiche, anche se non vissute in prima persona, fanno pensare al significato dei rapporti umani, alla vita, ai veri valori, alle strade così difficili da scegliere e poi da percorrere, per ognuno di noi.

Ho anche apprezzato le note finali dell’autrice che confermano il lavoro svolto con attenzione e meticolosità.

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Un romanzo alla ricerca dell'Italia perduta: Girotondi d'acqua di Rodolfo Fellini



Girotondi d’acqua di Rodolfo Fellini potrebbe essere un romanzo che racconta la storia di una bottega di alimentari in un piccolo paesino dell’Alto Lazio. 
Infatti è proprio dalla reale chiusura del negozio di paese, ultimo baluardo di un tempo lontano, che lo scrittore ha raccolto lo spunto per narrare le vicende tutte italiane dei suoi personaggi dal dopoguerra al post sviluppo economico, in un elogio della lentezza e del saper ascoltare 
Perché l’autore si è preso tutto il suo tempo, tre anni fitti di scrittura, per srotolare davanti al lettore le storie di una decina di personaggi che si avvicendano in quest’area un po’ lontana dalla modernità, in un arco temporale che va dal 1965 al 2018. 
Dopo aver letto il libro ho fatto una chiacchierata con Rodolfo, che tra l’altro avevo avuto il piacere di conoscere alla Fiera del Libro di Torino, (Tavolo 5 - Area Self, insieme a me) e i suoi ragionamenti sulla scrittura della sua opera sono stati davvero interessanti. 
A lui è piaciuto indagare la figura di “madre”, analizzata da tanti punti di vista e in diverse vesti: dalla Chianina, nonna di Brunello, donna forte e determinata; a Elisabetta, madre di Mirella, in un primo tempo dedita al marito e ben inserita nel suo ruolo, poi donna libera di esplorare la sua creatività e di lasciarsi andare alla propria sensualità; e Mirella stessa, mamma senza aver scelto questo ruolo, alla ricerca della sua identità in giro per il mondo, con esito deludente e doloroso. La zia e maestra Lidia, che non ha figli ma che si comporta da mamma con i suoi amati alunni e con Brunello e infine Bettina e Linda, due bambine che diventano ragazze e infine donne mature a chiudere il cerchio… o il girotondo e da qui il titolo del romanzo. 
La Tuscia è stata poco sfruttata in letteratura secondo Rodolfo, ed è per questo che la fa diventare protagonista tra i protagonisti umani. 
L’ambiente, il lago, il verde fanno da sfondo e da guida ai sentimenti dei personaggi, tra cui per me il più singolare è Brunello, definito scherzosamente il burinello: un giovane senza filtri, sincero, spontaneo, schietto, a volte naïf. 
Lui è il vero vincitore del torneo della vita, l’unico che rispetta totalmente i bisogni e i desideri degli altri, non si offende, non è vendicativo. 
Lui è al servizio del prossimo, in tutta la sua innocenza. 
Un personaggio non facile da delineare senza scadere nella caricatura, e l’autore c’è riuscito, regalando al lettore una figura dolce e originale. 
Racconto nel racconto e piccolo cameo, la storia di Eva, la domestica, che viene da lontano e che ha subito enormi violenze da bambina, superando il profondo disagio con una calma saggezza che la rende irresistibile. 
E infine, qual è il tema portante di Girotondi d’acqua? 
A rispondere è l’autore stesso: “senza perdono non c’è speranza, e senza speranza non c’è vita.” 
Consigliato a chi ama le saghe familiari ambientate tra le bellezze ambientali italiane, a chi predilige l’utilizzo di forme dialettali come caratterizzazione dei personaggi, a chi ha voglia di meditare sul significato della vita senza pesantezze e uno stile leggero, spesso allegro, proprio come è Rodolfo. 

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Pura, semplice vita di Gianluca Zanoni - recensione

 

È il tempo il vero protagonista di questo romanzo corale dal titolo Pura, semplice vita di Gianluca Zanoni.

Il tempo che si insinua nelle vite di quattro amici al bar, o meglio, con i loro culi sulla solita panchina, durante i primi anni Novanta, e che li accompagna avanti e indietro nelle loro esistenze e anche più lontano. 

Alcune porte non andrebbero aperte mai, sono quelle che custodiscono i ricordi, le fragranze che fanno viaggiare nel tempo, i colori che ti ritrovi a osservare chiedendoti come potessero essere così vividi una volta. 

I quattro amici si ritrovano, adulti, nella loro piazza (il potere della piazza – Piazza XXI Luglio), accanto al Bar Centrale, ma uno di loro, Enrico, è un po’ più in là, perché è il giorno del suo funerale. 
Franco, Luca e la bellissima Giovanna, in questo giorno un po’ allucinante e faticoso, si rendono conto di essersi persi, ma anche di aver perso se stessi, in qualche modo. 
Le loro storie si sono intrecciate tra profumi, odori, amori e il caleidoscopio di ricordi si intensifica, manifestando al lettore i loro percorsi complicati e affascinanti. 
Chi di noi non ripensa con nostalgia a una piazza in cui si incontrava con gli amici? 
E chi di noi non ha perso qualcuno, in maniera inaspettata, soffrendo per non aver fatto, detto, amato abbastanza? 
Il coinvolgimento del lettore è una spirale in cui sembra ritrovare se stesso, a tratti, nei ricordi di gioventù, nelle serate a bere birra e a cazzeggiare, nei momenti di svolta, nelle scelte difficili, negli sbagli fatali, nel trovarsi adulto senza che qualcuno si prenda la briga di spiegare cosa succede alla vita. 
Fino a ritrovarsi stupefatto, deluso, incredulo che tutto quel tempo sia passato appiattendo e rimescolando quell’energia che sembrava infinita. 

È la vita, Franco, non sempre va come vorremmo. 

Il tempo è protagonista, dicevo, e in particolare il mese di luglio, in cui sembra che le cose importanti accadano: i compleanni di alcuni di loro, lo sbarco sulla luna, l’attentato fallito a Hitler, la strage nazi fascista che ha sconvolto Robecco, il paesino in cui si svolgono molte scene, il G8 a Genova, e questa mia lettura, guarda caso, capita proprio a luglio. 

A stare fermo e immobile, quasi a segnare con i suoi cerchi il tempo che passa, il vecchio pino: Era lì trent’anni prima, è lì ancora adesso. Il tronco è forte, grande, un uomo non riuscirebbe ad abbracciarne la circonferenza. È lo stesso albero, eppure è sicuramente cambiato negli anni. 

E il monumento in memoria della strage dice: 

“Ci troverai morti o vivi con lo stesso impegno”. 
E davvero morti o vivi i nostri nonni, i nostri padri sono dentro di noi, a raccontarci quello che non hanno potuto vivere, a sperare che la nostra storia possa essere più serena. 

Ogni elemento, in quella Piazza XXI Luglio, sembra trasmettere qualche cosa di importante: 

…questo villaggio ha una piazza che ricorda un dolore sul quale la vita ha trovato modo di fortificarsi. 

Come i tre ex ragazzi superstiti che trovano la forza di riconoscersi attraverso il dolore per la perdita di Enrico, l’amico ritrovato troppo tardi. 
L’amico, tra le sue debolezze, lascia loro un’eredità che Franco, Luca e Gio tenteranno di raccogliere, ricucendo le loro vite attraverso un arco di trasformazione che li troverà più consapevoli e disposti a cambiare. 

Perché non c’è disperazione più grande di quella di non aver accettato di vivere. 

L’autore a tratti è anche poetico, piacevolissimo da leggere, come se desse una carezza al lettore: 

I ricordi, il presente, l’aroma del caffè della moka, il sole che fa capolino fra le nuvole: pura, semplice vita che bisogna solamente lasciar scorrere, nelle vie che conducono al cuore, nei pensieri che si trasformano in sogni. 

Ho sottolineato molte frasi in questo libro, alcune le ho volute condividere con voi, perché sono importanti per far “sentire” lo stile di Gianluca Zanoni di cui ho letto altri libri e che non delude mai.

Pura, semplice vita è un romanzo molto curato, con una trama intrigante che coinvolge sia per il lato umano, con una bella caratterizzazione dell’interiorità dei personaggi, sia per la narrazione che riserva diverse sorprese, fino all’ultima pagina. 

Forse hanno semplicemente respirato troppo a lungo la stessa aria e condiviso sogni simili per potersi perdere per sempre. 

Ho avuto il piacere di essere beta reader di questo bel libro, insieme a Ilaria Simonini, un'altra autrice che stimo molto, di vivere le sue trasformazioni e, soprattutto, di essere in fondo, tra i ringraziamenti.
Per tutti questi motivi correte a leggerlo, lo trovate qui, su Amazon. 

Eclipse of the Heart: un romance di Elisa Maiorano Driussi che non vi farà dormire


Cosa ha di speciale un romance? 

Non sono una grande lettrice di questo genere, ma sto divorando tutti i romanzi pubblicati da Elisa Maiorano Driussi perché contengono indubbiamente qualche cosa che mi appassiona. 

Intanto sono collegati tra loro, anche se auto conclusivi, e questo è sempre molto piacevole per me come lettrice, e poi ci sono quel pizzico di originalità e piccantezza che mi fanno scorrere le pagine, riuscendo a catturare tutta la mia attenzione. 
Appena Eclipse of the heart è uscito, l’ho finito in una serata. 

I protagonisti sono una ragazza di origine indiana, Priya, che studia per diventare astronauta, con l’idea fissa di partecipare al progetto Marte alla NASA e un giovane giornalista, Dan, che non riesce ad allontanarsi da un evento catastrofico che ha deviato la sua esistenza. 

I due, considerate le loro mansioni, hanno caratterini spiccati e, nonostante siano amici e anche qualche cosa di più, presto vanno in collisione, proprio come due asteroidi. 

I capitoli si susseguono con i due punti di vista, bellissima la grafica con la sagoma di un pianeta a ogni inizio capitolo e i numeri delle pagine racchiusi in una piccola luna. 

Priya deriva da una famiglia tradizionale che viene descritta con tutti i pro e i contro che ne conseguono, solo la nonna, un’anziana saggia, sa come trattare con la nipote e non manca di darle qualche dritta al momento giusto. 

Voglio bene a ogni membro della mia famiglia di origine, anche se a volte li detesto per la loro ottusità e le credenze che sembrano uscite dal medioevo. Ma questa è la famiglia che ho scelto: le persone che sono sempre state al mio fianco nel mio cammino, le donne presenti nella mia vita che, in un modo o nell’altro, mi hanno aiutata ad arrivare dove sono oggi. 

La scrittura è lineare e accattivante, le ambientazioni seguono gli umori dei protagonisti: 

Dan guarda fuori, dove le onde continuano a lambire il muro. La luce del giorno è ormai quasi svanita. I suoi occhi, però, raccontano un’altra storia: brillano di un riflesso simile a quello dell’acqua che si frange a pochi metri. 

Non mancano i momenti di passione: 

Metto le mani intorno alla sua vita. “Se non ti tieni più forte, rischi di cadere…” Gira la testa di lato per parlarmi. Prende le mie ginocchia dal sotto coscia, mi sposta per i fianchi di qualche centimetro in avanti. Poi prende le mie mani e le riposiziona un po’ più verso il suo ombelico. 

Ma ciò che caratterizza la scrittura di Elisa Maiorano Driussi è l’ironia, che fa da contraltare a situazioni difficili: 

Certo, non porto il peso della responsabilità del mondo sulle mie spalle, ma se voglio diventare astronauta è per dare un contributo alla storia dell’umanità intera. 

L’evoluzione dei due protagonisti è ben delineata, con l’ausilio di personaggi secondari che fanno da spalla alle avventure di Priya e Dan. 

L’amore è un fattore difficile da comprendere e da gestire e questi due ne hanno di strada da fare per conoscere se stessi e per potersi accettare per come sono, con i loro desideri, i loro difetti e la loro passione.
Sono certa che non deluderà neanche i lettori che di solito non acquistano questo genere.

Disponibile in formato e-book e cartaceo su Amazon.

Dalle gare in venti righe a una raccolta di racconti: come ho conosciuto Alessandra Vasconi


C’è stato un tempo in cui, in un gruppo di autori su FB, facevamo gare di racconti in venti righe, alcuni li trovate in questo Blog. 

È stata una sfida impegnativa perché dovevamo produrre una storia alla settimana e chi vinceva doveva inventare il titolo di quello successivo e organizzare a sua volta l’evento. 

Ho conosciuto in quella occasione parecchi scrittori interessanti, perché cimentarsi in poche righe, e avendo a disposizione poco tempo, non è facile. 

Credo che questo esercizio ci abbia forgiati e anche migliorati, perché si poteva commentare, dare suggerimenti e un paio di editor, Marcella Garau e Lucia Codato, ci spronavano e correggevano. 
Insomma, ci siamo divertiti e siamo cresciuti con nuove consapevolezze.

Il tempo è passato e, proprio al Salone del Libro di quest’anno, dove ho potuto presentare i miei romanzi, ho incontrato una di quelle autrici, Alessandra Vasconi, di cui ho appena finito di leggere la sua raccolta: “I racconti di Alessandra”. 

Ve ne parlo perché si tratta di parole curate, eleganti, consolatorie e piacevoli, che consiglio a chi desidera fermarsi un attimo e godersi pensieri dolci e profondi, anche se presentati con leggerezza. 

Brevi racconti che fanno pensare, sorridere, sognare, come appare nella dedica iniziale: 

A chi ha perso la strada, 
ma non si arrende. 
A chi continua a sognare, 
nonostante tutto. 

Questa pubblicazione è nata da una favola che Alessandra Vasconi ha scritto per i suoi figli, a cui sono seguiti racconti introspettivi e intimi, momenti di vita, storie di cadute e di rinascite, di partenze e di ritorni, ma anche brevi momenti di evasione, per citare la sua nota introduttiva. 

Solo alla fine di questo inatteso e delicato percorso il lettore troverà una sorpresa che lo ricollegherà alla dedica iniziale e al primo racconto: Il commercialista… (Quando ti senti perso) che si trasformerà nell’ultimo capitolo: …Il commercialista (Abbraccia i tuoi sogni. E brilla). 

Curiosità: la scrittrice, che ha ricevuto premi e riconoscimenti a livello nazionale, come altro lavoro, fa proprio la commercialista! 

La raccolta I racconti di Alessandra – CTL Editore - Livorno – Libeccio Edizioni - la trovate qui

Recensione del romanzo Il nodo del tempo di Alessandro Russo e breve intervista all'autore

Il nodo del tempo è un romanzo che viaggia su due binari: il primo è accogliente, adorabile, fatto di premure e dolcezze, in cui le famiglie, che si susseguono nella narrazione a partire dai primi del Novecento, sono amorevoli, unite. 
In loro brilla la forza dell’amore, in grado di superare difficoltà economiche, situazioni dolorose, morti. 
Ed è proprio la morte che porta il lettore su un altro piano, quello delle due guerre, degli anni di piombo, dello Stato colluso, degli attentati. 
Sembra impossibile che l’Italia minuta, fatta di persone per bene che studiano, lavorano, si amano, sia la stessa della guerra che uccide, dei terroristi, dei politici che non fanno mai la cosa giusta, della strategia del terrore. 
E l’autore Alessandro Russo, abilmente, intreccia queste due realtà, passando dal racconto intimo fatto di scelte, coraggio ed emancipazione a quello sociale, colmo di orrore e di eventi insensati. 
Assunta, simbolica figura femminile, è la madre del protagonista, una donna forte che arriva dal sud, intenzionata a realizzarsi, anche per compensare la morte di ben due fratelli in guerra. Lei studia, si informa, si laurea, diventa insegnante e trasmette al figlio Ludovico tutta la sua instancabile determinazione, perché il mondo, forse, si può cambiare, passando da piccoli e sottili mutamenti. 

Anche a inizio secolo le donne cercavano di emanciparsi per vivere la vita che desideravano, ma il sistema le rimetteva sempre al loro posto. Ora nessuno ci dice esplicitamente dove stare, ma se scegliamo strade diverse o pretendiamo la parità vera, si aspettano che ci giustifichiamo. È una libertà condizionata, in fondo. 

Ludovico da questa figura iconica assorbe il rispetto per le donne, la voglia di verità, la determinazione a raggiungere gli obiettivi. 
Ma, quasi a tradimento, come succede spesso nella vita, qualcuno che sta molto lontano lo coinvolge, fino a fargli dubitare di tutti i sacrifici fatti fino a quel punto. Il giovane infatti si innamora di Alina, una ragazza russa che studia medicina. 
Un’altra donna forte, che rimanda alla madre, e che vuole diventare dottoressa, pur amandolo intensamente. 
La lontananza non aiuta i due innamorati, ognuno intento a perseguire i propri obiettivi, ma un amico arriva a salvare questo amore che sembra impossibile. 
Un rocambolesco viaggio improvvisato dalla Torino piena di fascino a una magica Leningrado, sulla mitica auto FSO 125p e tra le note di David Bowie, lo porta a trovare se stesso, a capire il suo vero volere, aiutato da una provvidenziale proposta di lavoro legata al suo impegno all’università come sociologo e scrittore giornalista. 
Dopotutto, come giustamente rileva il protagonista: 

Per costruire un futuro migliore, è necessario conoscere e rispettare il passato. 

Ed è tramite gli eventi che segnano la sua crescita e la sua coscienza politica come il terrorismo italiano degli anni Settanta, la strage di Piazza della Loggia a Brescia, la strage dell’Italicus, il sequestro di Aldo Moro, la strage di Bologna, che lui riesce a ritagliarsi un futuro possibile, salvando la sua idea di famiglia con la consapevolezza di ciò che è accaduto e che lo ha formato, usando queste ferite ancora aperte per comunicare agli altri verità scomode e spesso taciute, fino ad arrivare a scoperte sconvolgenti come la Loggia P2 di Licio Gelli. 
Il romanzo è caratterizzato da una bellissima colonna sonora, da Rachmaninov a John Lennon, da preziose descrizioni di Torino e di Leningrado che accompagnano il lettore in un viaggio che è anche quello dei protagonisti: 

Siamo compagni di viaggio, Alina. Magari un po’ lontani geograficamente, ma siamo lì, sulla stessa strada. 

Un romanzo che è fatto di avventura, viaggi, amore, scelte e anche di visione di una politica marcia, deludente e, purtroppo, ancora attuale, in cui il protagonista prova a sciogliere il nodo del tempo, tenendo tra le mani una simbolica, vecchia bambola che ha segnato il passaggio generazionale e l’inesorabile passaggio del tempo: 

“Mio zio l’ha fatta per mia madre, quando lei era piccola, tempo prima di partire per il fronte.” Fece una pausa, guardando l’oggetto come se potesse raccontargli una storia che ancora non conosceva. “È sopravvissuta a tutto: la guerra, i traslochi, gli anni difficili, le perdite incolmabili. Mia madre me l’ha data dicendomi che mi avrebbe sempre ricordato chi sono e da dove vengo, il legno è della conca di Agnano, a Napoli, dove tutto ha avuto origine.” 

E il cerchio si chiude, con questo pezzo del nodo del tempo tra le mani di Alina e Ludovico, finalmente uniti, in un epilogo in cui l’Italia calcistica vince tre a uno. 
La nazionale di calcio esce dall’aeroporto di Torino insieme alla coppia di sposi che, simbolicamente, afferra le ovazioni della folla, come se fossero rivolte a loro. 
Un esito positivo e bene augurante per questa Italia che è anche fatta, soprattutto, di persone per bene. 

Domande all'autore

 1. Perché hai voluto scrivere questo libro?

Ho avuto la fortuna di lavorare circa 25 anni in giro per il mondo facendo il programmatore di robot.
Ho visitato luoghi, appreso similitudini e differenze culturali, apprezzato cibi e stretto tante mani.
Una di queste mani è di un collega di lavoro che ad inizio anni 80 ha lavorato in Unione Sovietica.
Durante gli anni di lavoro a Leningrado ha conosciuto l'amore e quando giunse il tempo di rientrare a fine progetto tirarono le somme e si scelsero. Lionello, il suo nome, affrontò non pochi problemi, iniziando dalla burocrazia.
Risolte le pratiche al consolato a Milano affrontò un lungo viaggio, direi epico, con una Fiat 1500, senza navigatore, senza telefono cellulare, senza mappe se non le poche che riuscì a reperire. Per tanto tempo l'ho incalzato spronandolo a raccontare tutto in un libro finché un giorno gli dissi che se non si decideva lo avrei fatto io. Mi spiazzò, mi disse di farlo.
Il nodo del tempo è il racconto di quel viaggio da cui prende spunto, dovendo raccontare il tempo storico in cui il viaggio avvenne ho amato scrivere e raccontarlo così come creare tutta la struttura familiare a ritroso fino agli albori del 900 per costruire il personaggio di Ludovico e far comprendere come le sue scelte abbiano radici profonde nel corpo famigliare. Inoltre, motivazione ancor più forte, ho sentito la necessità di raccontare il nostro paese, gli anni del 900 che troppo spesso a scuola non si studiano a sufficienza, la storia recente di un paese delicato, fragile, come la democrazia che lo governa.

2.Quale è il personaggio a cui sei più legato e perché?

La prima risposta potrebbe essere Ludovico, a cui tengo moltissimo, ma devo ammettere che il personaggio a cui ho dedicato pagine e parole, pensieri e ricordi, è Assunta. Lei è la mamma di Ludovico, una donna che porta dentro di sé i traumi infantili dovuti alla perdita prematura dei due fratelli caduti in guerra. Vivrà questo distacco con dolore eppure questo dolore le darà la motivazione per crescere disillusa, vivrà con la voglia di rivalsa per sé e per i suoi fratelli strappati prematuramente alla vita. La sua autodeterminazione non sarà fine a se stessa, parteciperà alle lotte per i diritti civili, in prima linea.
Assunta incarna lo spirito degli anni 70, la consapevolezza dell'essere donna in un mondo non ancora maturo per il cambiamento, che lotta per i diritti dei lavoratori ma trascura i diritti delle donne, la loro auto determinazione, il loro reale contributo alla società, relegandole sempre ad un ruolo subalterno, mai davvero paritario.

3. Ci sarà un sequel o cosa hai intenzione di scrivere prossimamente?

Sto lavorando a un romanzo breve, un dialogo immaginato tra Assunta ed i suoi fratelli, attraverso la corrispondenza dal fronte e il diario che lei amava scrivere nelle sere di raccoglimento. Sarà un testo molto intimo, doloroso, ma necessario per aggiungere al romanzo Il nodo del tempo un punto di vista ulteriore, un approfondimento, che aiuti ancor più a sviluppare e concretizzare agli occhi del lettore il rapporto tra i fratelli, il valore della memoria, il peso della perdita e la speranza.
Il progetto editoriale prevede inoltre altri due sequel: il primo si svolgerà nel periodo 1982-1989 mentre il terzo ci porterà alla discesa in campo dell'uomo politico che ha indubbiamente segnato il passo negli ultimi lustri, Silvio Berlusconi.
Ritengo impegnativo il progetto, indubbiamente affrontare tematiche sociali e politiche nel nostro paese espone a dibattito, ed è certamente un obiettivo, ed espone a dileggio in altri casi, e questo seppure contemplato non è certamente ricercato.

4. Il complimento più bello che ti ha fatto un lettore?

Ammetto che questo genere di romanzi non rientra nell'elenco dei best seller, eppure da coloro che lo hanno letto e dalle loro parole ho capito che certe tematiche sono molto sentite, attuali, che è necessario parlarne, confrontarsi. In alcuni casi ho avuto la conferma che il 900 è un periodo buio e noto per gli over 50, un buco nero nella storia per gli under 30. Sono contento di notare quanto i temicome i diritti civili, l'emancipazione femminile, la guerra,la famiglia, i sentimenti, siano temi che non lasciano indifferenti.
Nonostante le tante posizioni diverse trovo fondamentale aprirsi al dialogo, quello che è mancato dagli anni 80 e manca tantissimo nel nostro mondo iper connesso eppure frammentato, polarizzato, svuotato nei contenuti perché legato a facili slogan di propaganda. 

Serve una decisa presa di coscienza, serve umanità.

Recensione del romanzo Guatemala - Anno del Signore 1975 di Patrizia Gaslini e breve intervista all'autrice


Nella nota dell’autrice si legge: 

È una terra che si racconta, vibra, risuona, canta. 

Ed è proprio dalla terra che sembra risalire questo racconto che definirei corale, anche se la vera protagonista, oltre alla magnifica ambientazione, è una dottoressa dal nome evocativo (e parlante): Fiamma D’Oriente. 
Bionda e con occhi azzurri che non possono tacere, così diversa, arriva come volontaria in una sperduta missione gestita da Padre Luca, prete impegnato a espiare il suo peccato che nasconde come un segreto inconfessabile. 
Tra i personaggi più intensi c’è Juanita, la Vieja, una piccola e antica sciamana, guaritrice, cuoca sopraffina, amica degli animali. Lei è come la terra, è accogliente, dolce e profumata, ma anche determinata e dura, all’occorrenza. 
I bambini della missione la adorano, tutti la amano e la ascoltano. 

"Lo sciamano capo in persona l’aveva addestrata all’arte di sapersi muovere, ora come il giaguaro, ora come il cobra: le ripeteva che l’animale più goffo, rumoroso e prevedibile, è proprio l’uomo, il cui odore, i cui pensieri, le cui intenzioni vengono captate a centinaia di metri di distanza."

Sembra che in fondo sia lei o la sua saggezza a tirare le fila del racconto, insieme alla sua aquila guida che sovrasta le pochezze umane in quei cieli immensi, orizzonti infiniti, capaci di regalare colori stupefacenti, uragani paurosi e terremoti catastrofici. 
I Cenfuegos sono una famiglia simbolo di sfruttamento e ferocia nei confronti del Popolo affamato e sottomesso, con l’aiuto di Francisco de Blanc, figlio di un Generale in carriera, che deve decidere che strada prendere: seguire le terrificanti direttive del padre o assecondare la sua indole dolce e artistica. 
Fiamma si trova in mezzo a situazioni difficili, malati da curare, uomini forti abbattuti da mostri senz’anima. La sua discesa verso l’inferno della cattiveria umana sembra non finire mai. 

"La malattia è dolore, ma anche riflessione e un paio di occhi nuovi per vedere il mondo, quello di tutti i giorni, quello dove, a volte, ci si accanisce per sciocchezze e ci si abbatte per cose futili, quello dove una giornata di pioggia è uguale a una di sole, quello dove tutto scorre senza mai fermarsi, mentre il nostro mondo interiore ha bisogno di attenzione e ritmi più lenti." 

Questa frase di un paziente la fa riflettere e tutti i passaggi del romanzo fanno meditare e crescere il lettore che, capitolo dopo capitolo, si immerge sempre più in quella terra fatta di alberi, grotte, acqua, montagne, altopiani. 
E poi ci sono il terribile Rossano Cenfuegos, tirannico e patetico marito di Regina, la donna che impara a ribellarsi, in un cammino che è insegnamento e luce per tutte le donne oppresse e umiliate. 
Candido, amico, compagno, figlio, dal volto radioso, non si può non tifare per lui, e il buono e affidabile El Gigante. 
Fiamma sopporta situazioni paurose e si fa in cento per aiutare quella gente senza speranza, finché non si accorge che c’è qualche cosa che non sa, di cui non l’hanno messa al corrente, e fugge, sentendosi tradita, sola, estranea, indegna anche di quella fiducia che, in fondo, le dovevano, come unico compenso al suo lavoro e alla sua dedizione. 
Moreno è il cattivo più cattivo di tutti, perché ha un ‘difetto fatale’ che lo spinge a reagire, ad andare contro gli insegnamenti di Padre Luca e le sue vendette sono temibili e terribili. I suoi occhi di colore diverso diventano simbolo della guerriglia interiore che lo caratterizza. Solo l’immagine della Madonna, e quindi l’amore, forse, lo può fermare. 
Non manca il Popolo, silenzioso, laborioso, rispettoso: 

“Questa gente ha bisogno di poco, non ha pretese e comunque andranno le cose, sarà grata a questa missione e alle persone che si sono date da fare per loro. Imputeranno ogni tragedia al Cielo e la trasporteranno sulle loro spalle, come uno dei tanti fardelli di cui sono abituati a farsi carico, in modo rassegnato ma consapevole e nella disgrazia, come nella gioia, saranno solidali più di quanto non siano stati già prima che questa calamità naturale si abbattesse sulle loro vite.” 

Le vite dei personaggi si intrecciano, si scontrano, nascono amori e muoiono innocenti, in quadri epici, degni della narrativa americana novecentesca, in cui le piccole storie quotidiane diventano simbolo e narrazione universale. 

Un libro bellissimo e scorrevole, che consiglio vivamente a chi ama i racconti avventurosi, con cenni di romance, con una base storico sociale intensa e un’umanità eroica mossa da ideali universali.

Domande all'autrice:


Perché hai scritto un libro con questa tematica:

Perché Il Guatemala è stato il primo viaggio della mia vita, anno 1985, quando la globalizzazione non aveva ancora piantato le sue radici nefaste. Un viaggio avventuroso, nel cuore di un paese straordinario per la natura, il folklore, la gente semplice e accogliente e quel senso di magico radicato nelle abitudini, insieme alla credenza che Dio sia ovunque, nelle montagne, nei raccolti, nelle stagioni e che gli spiriti si trovino negli oggetti e tengano insieme l’universo.

Della sua situazione politica invece, ignoravo pressoché tutto; per girare il paese ci avevano obbligato a mettere dei cartelli sul cofano delle jeep, con ben visibile la scritta ITALIA per identificarci in caso di blocchi militari. Al rientro, avevo deciso di approfondire l’argomento. Così avevo letto gli scritti di Rigoberta Mentchù e della sua lotta contro l’annientamento della cultura Maya, da lì avevo scoperto l’esistenza di documenti come la Memoria del Silencio e Nunca Mas coi loro contenuti di inenarrabili violenze e genocidio, e i rapporti sui desaparecidos che in questo paese hanno superato per numero quelli del Chile di Pinochet. 
Così sono stata folgorata da una realtà che ero lungi anche solo dall’immaginare: solo una delle tante guerre dimenticate e sconosciute al mondo. Da tutto questo ha preso parola il mio racconto.

Cosa vuoi trasmettere al lettore?

Che un titolo è già un intero romanzo
Che è solo facciata quel che vediamo degli altri
Che umanità è comprensione
Che la natura è Dio
Che il caso ci prende per mano e la vita è il suo disegno
Che in Guatemala, la libertà ha le ali del quetzal

I personaggi sono ispirati a persone vere?

I personaggi sono frutto della mia immaginazione. Sono usciti dalla penna e hanno preso vita un po’ per volta, senza un modello a cui ispirarmi, senza riferimenti a qualcuno, avendo però ben presente il contesto in cui si muovevano e i racconti documentali di quel periodo. E anche se non sono persone vere, sono certamente esistite figure identiche con nomi diversi, perché la storia si ripete, i cattivi sono cattivi, assassini o carcerieri, e la loro ferocia può vestirsi di mille versioni, così come i buoni sono sempre buoni, vittime o eroi, e loro azioni mirano sempre allo stesso fine: evitare che il male trionfi. Si tratta solo di dare volti e fisionomie ed essere consapevoli che comunque la realtà supera sempre la fantasia.

Che cosa rappresenta per te il Guatemala?

La mia giovinezza, il mio primo viaggio, il mio romanzo.

˜˜˜

Guatemala è acquistabile 
su Amazon - Lafeltrinelli.it - IBS.it

Intervista al Salone del Libro di Torino 2025



Al SalTo succede di tutto, oltre a vendere i propri romanzi si possono raccontare i dietro le quinte delle storie che si raccontano, i progetti, le intenzioni dell'autore.

Ecco cosa mi ha chiesto la Strixina che si aggirava tra gli stand alla ricerca di novità.

Collegatevi qui e scopritelo: 

Artemisia troverà le risposte che cercava - Recensione del romanzo La scelta di Artemisia dello scrittore Alessandro Russo

La scrittura è scorrevole, ricca di descrizioni e dettagliata, i personaggi sono meravigliosamente inseriti nel racconto. 

Artemisia affronta le sue paure, lotta per affermarsi e contro gli stereotipi. 

Ho amato questo romanzo, interamente. 

Le storie dei singoli personaggi si intrecciano creando un tessuto eterogeneo di vite degne di essere vissute nonostante le difficoltà e sofferenze che ognuno deve affrontare lungo il cammino, sia esso metafisico o su vette a oltre 4 mila metri. 

Nonostante il desiderio di paternità molto forte Arturo non antepone mai se stesso ad Artemisia e la sprona a lottare affinché trovi il suo baricentro. Una coppia molto affiatata. 

Le donne da sempre hanno bisogno di essere un passo più avanti, più in alto, non deve essere così difficile, non bisogna mai mollare, la nostra società è donna.

Alessandro Russo ha scritto: Il nodo del tempo che si trova qui su Amazon.

La scelta di Artemisia la trovi qui su Amazon.

A passo disuguale - recensione del romanzo di Ilaria Simonini

Già il titolo: A passo disuguale – Mattia, la rossa del treno e il Dylan Dog n. 49, fa comprendere che si tratta di un romanzo succoso. Almeno per me.

Infatti ho letto decine di Dylan Dog, (ma, come dice Loris, chi non ha mai letto un Dylan Dog?), per anni sono andata in treno all’Uni di Genova, a volte mi tingo i capelli di rosso, perché vorrei tanto averli così. 
Mattia invece non ha alcun ruolo nella mia vita. 

A parte gli scherzi, Ilaria Simonini, che quest’anno ho potuto conoscere gioiosamente di persona al SalTo, dove era presente all’interno della CE Spirito Libero con cui collabora pure, è una scrittrice talentuosa. 

Alcuni di voi, Lettori, avranno avuto l’occasione di sbirciare tra i suoi racconti Post to Post in cui prima narrava le sue vicende negli USA e ora quelle in Italia, dove è tornata. Oppure avranno letto con passione il suo primo romanzo: Broken Time Hotel.
L’ironia è la cifra che la distingue, ma nel romanzo in questione c’è anche qualche cosa di romantico, di doloroso e di misterioso. 

Il narratore è Loris, amico di Mattia, che ci fa entrare  nella loro vicenda con un punto di vista originale. 
Mattia, a cui sono riservati alcuni capitoli “Feritoia” (dolorosa la Feritoia 5 - Davanti alla tua foto) è insensatamente innamorato della rossa del treno e vuole trovarla a tutti i costi. Loris, il grande amico, è pazzerello, con una mal repressa vena artistica che sfoga in annunci immobiliari strampalati e in buffi messaggi in segreteria telefonica che confondono i clienti, a dire di sua madre. 
I due infatti lavorano nell’agenzia immobiliare della signora Adele e frasi tipo: Eravamo le Charlie’s Angels geneticamente modificate, mi hanno fatto morire dal ridere, così come: La sciagurata rispose
E come non amare la mitica signora Adele Nanni… Confesso che certe tremende descrizioni mi sembrano quelle che i miei figli dedicano me, ridendo, ma le fanno quelle bestie di satana, (escludendo battute sui tacchi, perché li odio). 
La madre schizzata è un personaggio unico e ha pure un cuore (e da qui il detto cuore di mamma): È una donna che ha sempre affrontato la vita con enfasi; e allo stesso modo ha affrontato la morte, passandoci attraverso con tutta l’anima

E la rossa del treno… che cosa significherà davvero per Mattia e cosa c’entra il fumetto Dylan Dog? Si tratta solo di una scusa per abbordare il ragazzo? La sua personalità è complessa e la sua anima nasconde un segreto.

Alice, la sorellina di Mattia, che fa il DAMS, una tipetta non convenzionale, convertita al mondo dei fumetti, come viene definita, ha un ruolo significativo e mi piace molto. 

Sulla famiglia aleggia una perdita e la visita alla mamma Elisa, con gli stessi occhi dei figli e quel sorriso malinconico che aveva preso ad appartenerle da qualche anno a questa parte, anche le volte in cui era felice, nei pressi di La Spezia, prima di andare al cimitero, strappa il cuore. Ogni tomba è un’isola di pensieri. 

L’ambientazione fa da cornice alle vicende: Non sai cosa voglia dire una serata romantica se non hai vagato ore, la notte, per i vicoli bolognesi. Con l’anima tesa alla persona a fianco, la testa in disordine, il cuore in fermento
Ma Ilaria parla anche della Liguria di Levante, dove è nata: Per quante volte avevo fatto avanti e indietro su quelle valli strane, coi monti di marmo da un lato e il blu dell’acqua dall’altro

Non manca il gatto nero (che non è rosso) e che si aggira nei suoi racconti. 

Si parla anche di malattia, in maniera seria e sentita: La malattia del corpo e quella del dolore hanno qualcosa in comune. Piegano. Piegano la schiena. Frantumano le ossa, se non trovi un appiglio a cui aggrapparti

Questo romanzo è un insieme di belle parole, di personaggi ben caratterizzati, di luoghi dei ricordi, di speranza, di ricerca, è qualche cosa che ti avvolge tra le sue spire, fino all'ultimo capitolo.

Se questa recensione vi sembra un po’ strampalata è perché la sto scrivendo di getto e traboccante d'amore. Infatti in questo libro, in fondo, tra i ringraziamenti, ci sono pure io. Questa cosa la amo pazzamente, ma lo sapete già.  
Concentratevi invece sui piccoli estratti che sono perle di bellezza.
Quindi non vi resta che correre a leggere A passo disuguale di Ilaria Simonini - Edizioni Spirito Libero e la recensione fatevela da soli… ma ricordate di metterla su Amazon!